Chimica: generalità

sm. [sec. XIX; dal nome del pianeta Urano]. Elemento chimico di simbolo U, peso atomico 238,02 e numero atomico 92, scoperto da M. H. Klaproth, nel 1789, in un campione di pechblenda. Pur non essendo tra gli elementi più scarsi della crosta terrestre, di cui costituisce in media il 2∤10-5%, l'uranio si rinviene spesso troppo diluito per poter essere convenientemente estratto; fra i suoi numerosi minerali, quelli più abbondanti sono l'uraninite, l'autunite e la carnotite. Giacimenti di minerali di uranio si rinvengono in tutti i continenti: i più importanti sono quelli della Boemia, del Portogallo, della Cornovaglia, della Repubblica Democratica del Congo, del Canada, degli USA, dell'Australia e dell'ex URSS. In Italia tracce di minerali di uranio, di interesse puramente scientifico, si rinvengono nelle pegmatiti di Olgiasca sul lago di Como e presso Lurisia in Piemonte.

Chimica: caratteristiche

L'estrazione dell'uranio metallico puro dai suoi minerali è relativamente complessa a causa della difficoltà di separarlo completamente dal torio e dagli elementi della famiglia del lantanio che sempre lo accompagnano. I minerali vengono in genere attaccati con acido nitrico, che porta in soluzione l'uranio sotto forma di nitrato di uranile (UO2)(NO3)2; questo viene poi estratto dalla soluzione, opportunamente depurata con etere, e calcinato per trasformarlo in ossido. Dall'ossido, attaccato con acido fluoridrico si ottiene infine il tetrafluoruro UF4, che viene ridotto a metallo con calcio metallico o alluminio. In altri procedimenti l'ossido di uranio viene ridotto con carbone o con calcio metallico al forno elettrico. Allo stato di elemento libero l'uranio si presenta come un metallo di aspetto simile a quello dell'acciaio, duttile e malleabile, che fonde a 1132 ºC; ha peso specifico di 19,1; viene facilmente attaccato dagli acidi; i suoi composti sono assai tossici. Prima della scoperta dell'energia nucleare, l'uranio metallico non aveva alcun interesse tecnico e l'unica applicazione dei suoi composti era quella di piccole quantità dei suoi ossidi per colorare certe qualità di vetro e di smalti ceramici. Attualmente l'uso principale dell'uranio è quello di combustibile nucleare per la produzione di energia mediante processi di fissione nucleare da parte di neutroni termici, in modo controllato nei reattori nucleari o in modo non controllato nelle bombe nucleari. L'uranio naturale è composto per il 99,3% dall'isotopo U-238, per lo 0,7% dall'isotopo U-235 e da quantità minime dell'isotopo U-234. Dei due principali isotopi naturali, frazionati per diffusione gassosa dell'esafluoruro UF6, l'U-235 è fissionabile e può quindi venire direttamente utilizzato per la produzione di energia nucleare, mentre l'U-238 non è fissionabile, ma, bombardato con i neutroni di un reattore nucleare, fornisce il plutonio, che può venire utilizzato quale combustibile ed esplosivo nucleare. Tra i numerosi altri isotopi prodotti artificialmente, tutti radioattivi e con numeri di massa compresi tra 227 e 240, i più importanti sono l'U-232 e l'U-233, entrambi fissili. La chimica dei composti dell'uranio è assai complicata a causa delle numerose valenze di questo elemento, che vanno da quella di tre a quella di sei. I sali dell'uranio trivalente in soluzione sono di colore rossastro e riducenti; poco stabili sono per lo più anche i composti dell'uranio pentavalente. Dell'uranio sono noti tre ossidi: il biossido UO2 è un solido nero che si ottiene riducendo con idrogeno gli ossidi superiori, mentre l'ottaossido di triuranio U3O8, a carattere di ossido salino, si forma riscaldando ad alta temperatura il triossido UO3. Quest'ultimo, che si ottiene decomponendo per azione del calore il nitrato di uranile, è un solido di colore dal giallo al rosso, dal quale deriva l'idrossido di uranile UO2(OH)2, un solido giallo insolubile in acqua. L'idrossido di uranile ha carattere anfotero: gli acidi lo trasformano in sali di uranile, come il solfato (UO2)SO4–3H2O, tutti di colore giallo e in genere solubili in acqua, mentre le basi lo trasformano in uranati, come l'uranato di ammonio, (NH4)2U2O7, anch'essi di colore giallo e poco solubili o insolubili in acqua.

Produzione

Per quanto riguarda la produzione occorre notare come le crisi petrolifere degli anni Settanta abbiano conferito un certo impulso ai vari programmi nazionali di sviluppo di impianti produttivi di energia termonucleare e, di conseguenza, in quel decennio si è registrato un massiccio incremento della produzione mondiale di uranio. In seguito sia per il completamento dei piani di sviluppo, sia per la scoperta di sempre più perfezionate tecnologie volte al recupero dell'uranio esausto e alla produzione di uranio arricchito, sia ancora per l'affermarsi di preoccupazioni ambientalistiche, che hanno frenato in molti Paesi la scelta nucleare, la produzione è alquanto diminuita, fino ad attestarsi su valori del 20% in meno rispetto a quelli del 1980, che hanno rappresentato un massimo storico. La produzione del 1989, pari a 34.887 t, è stata dominata dal Canada e dagli Stati Uniti (rispettivamente con il 33 e il 15% del totale), seguono Australia, Namibia, Francia e Repubblica Sudafricana. Non sono note le cifre relative alla produzione degli Stati dell'ex URSS, ma sono da ritenersi tuttaltro che modeste.

Bibliografia

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