wet market

Con il termine wet market ("mercato umido") si indica una tipologia di mercati all’aperto, diffusi nel Sud Est asiatico, dediti alla vendita di prodotti deperibili (frutta, carne, pesce). Il nome deriva dall’abitudine di bagnarne regolarmente con acqua i pavimenti ed è in contrapposizione ai "mercati secchi" per la vendita di prodotti non deperibili. Sebbene non tutti i wet market vendano animali vivi, spesso il termine viene utilizzato per quei mercati in cui la macellazione avviene contemporaneamente all’acquisto. La concorrenza dei supermercati della Grande Distribuzione, che garantiscono standard igienici più elevati, ha spinto molti mercati umidi ad abbandonare la tradizionale modalità all’aperto in favore di locali coperti. Inoltre i supermercati offrono prodotti già lavorati, con conservanti che ne ritardano il deperimento e la scadenza, a differenza dei wet market che non possono conservare per molto meno tempo i prodotti, trattandosi di beni freschi. Il trattamento degli animali nei mercati umidi ha suscitato forti critiche da parte delle associazioni animalistiche; in particolar modo i mercati che commercializzano animali selvatici o esotici sono stati spesso individuati come focolai di malattie zoonotiche (dopo il loro arrivo, gli animali entrano in contatto diretto sia con venditori, macellai e clienti, sia con insetti quali mosche o zanzare, permettendo la diffusione rapida di malattie e aumentando il rischio del salto di specie dei virus). In seguito dell’epidemia di SARS (2002-2004) la Cina aveva vietato la vendita di animali selvatici (derogando successivamente la legge). Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 il mercato all’ingrosso del pesce di Huanan a Wuhan, in Cina, è stato individuato come primo focolaio della diffusione del Sars–COV-2 (il virus che ha scatenato la pandemia di COVID-19). Nel corso del 2020 la Cina e diversi altri Paesi del Sud Est asiatico hanno stabilito la temporanea chiusura dei wet market; organismi internazionali, quali OMS e Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, hanno lanciato appelli per una loro definitiva chiusura che riduca il rischio della diffusione di nuove malattie zoonotiche (e a tutela di specie animali a rischio estinzione).

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