E ora cosa faccio? Problemi di adattamento all’età senile

Isolamento, emarginazione, disadattamento.

Parole che abbracciano e comprendono la dura realtà di molti, ma che - più che mai - si addicono a chi dal mondo è giudicato ormai come inutile. Vecchio e inutile è un triste binomio che, nell'era del progresso tecnologico, sembra inscindibile; nelle società tradizionali, o in culture come quelle dell'Estremo Oriente, però, l'invecchiare non è fonte di discriminazione. L'antica organizzazione del lavoro, rurale e artigianale, non imponeva una scadenza all'attività dell'uomo che trovava un suo naturale compimento nella morte o in un graduale processo di trasformazione della vita senza creare grandi turbamenti nell'individuo che, grazie all'abilità e alla competenza acquisite in lunghi anni di esperienza, manteneva la sua posizione di prestigio e di utilità. Ciò che è venuto a mancare nella nostra società, caratterizzata da grandi mutamenti sociali, è proprio quel carattere di gradualità che consente all'anziano di adattarsi senza traumi alle nuove situazioni.

I fattori che determinano il disadattamento, ovvero quella sensazione di insoddisfazione, di disagio, di malessere generale e di turbamento che portano ad alterazioni del comportamento spesso sfocianti in litigi e attriti nei contatti sociali, sono di natura biologica, sociale e psicologica. Lo stato di salute precario è fonte continua di ansia; il fisico, con l'avanzare degli anni, subisce alterazioni metaboliche, circolatorie e strutturali proprie del cervello alle quali si aggiunge spesso l'insorgere di malattie invalidanti. Tali mutamenti, nel loro doloroso imporsi, contribuiscono a rendere all'anziano un'immagine sempre più "debole" del proprio Io, così come l'aver cessato forzatamente ogni attività produttiva ha significato ai suoi occhi, e non solo, la perdita di quel prestigio indiscusso che la nostra società riconosce a chi produce reddito. Scomparso il pater familias, l'anziano assume un ruolo di marginalità intriso di incomprensione e solitudine dal quale cerca di difendersi rifuggendo dal presente, esaltando il proprio passato o, ancora, recriminando amaramente.

Il bisogno di essere apprezzati, di ottenere riconoscimenti, di ricoprire ancora un ruolo sociale è un'esigenza legittima e profonda, che solo se riconosciuta può ridare quel senso di sicurezza e indipendenza così importante per l'equilibrio psichico di chi ha ormai un'età avanzata. Per una società come quella attuale, ove è costante l'aumento della popolazione anziana (in parte dovuto alla diminuzione della natalità e in parte alla diminuzione dell'indice di mortalità, grazie ai progressi della medicina e a migliori condizioni igieniche), si fa sempre più urgente la necessità di proporre alternative a chi ancora non se la sente davvero di mettersi da parte. L'obiettivo fondamentale dell'impegno sociale consiste nel rompere quelle barriere che spesso l'anziano tende a creare tra se stesso e l'ambiente che lo circonda: la partecipazione attiva al mondo si evidenzia sempre di più come il punto nodale per superare alcuni problemi della vecchiaia, soprattutto nelle città, e prevenire il disadattamento o l'affidamento a strutture di ricovero.