Stati Uniti, elezioni presidenziali 2020: tutto quello che c'è da sapere

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Ancora Donald Trump o Joe Biden? Decideranno gli americani, chiamati alle urne il 3 novembre 2020 in occasione delle 59esime elezioni presidenziali della storia degli Stati Uniti. Ecco le cose da sapere sui candidati e i loro vice, sul sistema elettorale USA, sul voto anticipato e per posta, che ha già causato grandi polemiche.

ELECTION DAY

L’Election Day ricorre ogni quattro anni, il martedì successivo al primo lunedì di novembre. Questo per evitare che possa cadere il 1° novembre, giorno festivo. Nel 2020 le elezioni presidenziali USA si tengono perciò il 3 novembre.

I candidati (e i vice)

Quando Trump ha annunciato l’intenzione di correre per un secondo mandato ha subito ricevuto l’appoggio dei dirigenti del Partito Repubblicano. Più combattute le primarie democratiche, che hanno visto la vittoria di Joe Biden (vicepresidente degli Stati Uniti sotto l'amministrazione Obama) su Bernie Sanders. I vice? Con Trump è candidato l’attuale numero 2 Mike Pence, mentre per Biden c’è Kamala Harris, senatrice per lo stato della California. Il 3 novembre corrono anche altri candidati di partiti minori, come Jo Jorgensen del Libertarian Party e Howie Hawkins del Green Party, ovviamente senza alcuna possibilità di vincere. Il primo dibattito televisivo tra Trump e Biden è fissato per il 29 settembre.

I SIMBOLI

I simboli dei due partiti principali sono due animali, con i colori della bandiera americana. Da una parte l’elefante del Partito Repubblicano, “nato” dalla penna del fumettista Thomas Nast, che nel 1874 disegnò una vignetta ispirato dalla fuga di alcuni animali dallo zoo di New York (il pachiderma rappresentava gli elettori repubblicani spaventati dal dispotismo del presidente Ulysses Grant). Dall’altra l’asino del Partito Democratico, apparso per la prima volta nel 1828 sui manifesti del candidato Andrew Jackson, in risposta agli avversari per i quali era un “somaro”. 

ELEZIONE INDIRETTA

L’elezione avviene con metodo indiretto: i cittadini non scelgono direttamente il candidato favorito, bensì i cosiddetti “grandi elettori” che formano il Collegio Elettorale degli Stati Uniti, i quali a loro volta eleggono il presidente. I grandi elettori sono 538: è la somma del numero dei senatori (100, due per Stato), dei deputati (435,  assegnati proporzionalmente al numero dei residenti in ciascuno Stato) e dei tre rappresentati dello Distretto di Columbia, dove si trova la capitale Washington.

WINNER TAKES ALL

Il sistema elettorale Usa è un maggioritario secco che viene definito “winner takes all”: il candidato che in uno Stato ottiene anche un solo voto in più del rivale conquista tutti i suoi Grandi Elettori. Ogni Stato ha un peso diverso: si va dalla California, che “vale” 55 elettori, ai due Dakota, dove ne vengono scelti solo 3. 

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LE ANOMALIE DEL SISTEMA

Per vincere, al candidato presidente basta la maggioranza assoluta dei Grandi Elettori, fissata a quota 270. E grazie al sistema “winner takes all” può trionfare anche ottenendo complessivamente meno voti del rivale: è successo in tutto quattro volte. Nel 2016, quando Trump ha ricevuto quasi 3 milioni di voti in meno rispetto a Hillary Clinton; nel 2000, quando in Florida George W. Bush superò Al Gore per soli 357 voti su quasi 6 milioni, aggiudicandosi tutti e 25 i Grandi Elettori dello Stato, fondamentali per la vittoria finale (271 voti a 266); poi andando a ritroso nel 1888 con Benjamin Harrison e nel 1876 con Rutherford. B. Hayes.

SWING STATES

Ago della bilancia sono da sempre i cosiddetti “swing States”, oscillanti tra il partito Democratico e quello Repubblicano. Variano da elezione a elezione: nel 2020 è ad esempio considerato tale il Texas, storicamente repubblicano, e lo è di nuovo la Florida, che con i suoi 29 Grandi Elettori (4 in più rispetto a 20 anni fa) potrebbe essere ancora decisiva. Al pari di Georgia, North Carolina, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania. 

AFFLUENZA ALLE URNE

Negli Stati Uniti, in vista delle elezioni gli appelli al voto sono una costante. Questo perché l'affluenza alle urne è, storicamente, piuttosto bassa: a differenza di quanto accade in Italia, per poter votare è infatti necessario iscriversi nelle liste elettorali. Da una parte il meccanismo riduce il rischio di brogli, dall’altro scoraggia la parte meno istruita e più povera dell’elettorato. 

EARLY VOTING

Negli USA è prevista la procedura dell’early voting, che permette di esprimere la propria preferenza di voto in anticipo, in due forme: recandosi al seggio da 50 a 10 giorni prima (a seconda dello Stato) dell’election day oppure tramite voto per corrispondenza. Le schede vengono poi scrutinate tutte insieme, alla chiusura dei seggi. Nella maggior parte degli Stati non è necessaria una motivazione per il voto anticipato: nel 2016 il 36,6% degli elettori ha espresso la propria preferenza proprio con questa modalità.

LE POLEMICHE

È stato proprio il voto per posta, incoraggiato dalla pandemia di Covid-19, a infiammare la sfida tra Trump e Biden. Secondo l’attuale presidente, infatti, estendere il voto per corrispondenza a tutti gli Stati esporrebbe le elezioni al rischio di brogli. In realtà il timore del tycoon è che la cosa possa favorire Biden. Per questo ha negato aiuti economici allo U.S. Postal Service, che da parte sua ha dichiarato: «Siamo perfettamente in grado di far fronte alle esigenze delle elezioni di novembre».

CHE SUCCEDE DOPO

Chi vince le elezioni diventa Presidente degli Stati Uniti d’America, con un mandato di quattro anni a partire dall’Inauguration Day del 20 gennaio. Nel caso vincesse Biden, si tratterebbe del 45esimo presidente USA e il più vecchio in assoluto alla prima elezione (è nato nel 1943): al momento a detenere il record è proprio Trump, che all’insediamento aveva 70 anni e 220 giorni. “The Donald” potrebbe invece diventare il 17esimo presidente USA a servire per due mandati: tra i suoi predecessori figura figura Grover Cleveland, unico nella storia a vantare due mandati non consecutivi (1885-1889 e 1893-1897); mentre spetta a Franklin Delano Roosevelt il record di permanenza (1933-1945) alla Casa Bianca. Fu infatti eletto quattro volte e morì durante il quarto mandato: all’epoca c’era già la tradizione di non presentarsi per un terzo, ma fino al 1951 non c'esisteva alcuna legge che lo vietasse.

 

Matteo Innocenti