Venere di Milo, capolavoro tra arte e leggenda

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Il fascino di questa Dea senza braccia non sta soltanto nel lavoro esperto dell'artista he l'ha realizzata nel ritrovamento dai contorni quasi di leggenda è avvolto il mistero di come un'opera trovata in Grecia sia ora custodita al Louvre.

La Venere di Milo è una delle statue più belle dell'arte ellenistica. Oggi in mostra al Louvre di Parigi, è stata ritrovata da un semplice contadino sull'isola greca di Milos. La statua è alta più di due metri, priva delle braccia e dotata di grande fascino. Attorno a essa sono sorte numerose leggende metropolitane, che ne hanno accresciuto la fama in tutto il mondo.

Cos’è la Venere di Milo

La Venere di Milo, nota anche come l'Afrodite di Milo, risale al 130 a.C. circa. Si tratta di un'opera ellenistica.

Descrizione della statua

La scultura è la rappresentazione di una donna che dovrebbe verosimilmente assomigliare alla dea Venere, almeno secondo i disegni dell'epoca. Per alcuni si tratta della dea rappresentata nel momento in cui sta donando la mela d’oro a Paride che, secondo la leggenda, l'ha eletta la dea più bella. Del resto, alcuni frammenti di un avambraccio e di una mano recante una mela sono stati ritrovati vicino alla statua stessa.

Il busto compie un movimento che si ripercuote anche nelle pieghe della stoffa, che scende lungo i fianchi e che copre le gambe. Il peso del corpo poggia sulla gamba destra, mentre la testa è leggermente girata da un lato. La capigliatura e la veste creano un gioco di luci che rende questa statua una delle più affascinanti dell'arte ellenica. In generale comunque colpisce l'atteggiamento naturale della dea, ormai lontana dalla compostezza "eroica" delle Veneri classiche dei secoli precedenti.

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Chi l’ha scolpita

Secondo un'analisi approfondita dell'iscrizione presente sulla porzione di basamento rimasta, l'artista che ha scolpito la Venere di Milo è Alessandro Di Antiochia.

Perché si trova al Louvre

La statua si trova presso il Louvre perché, nonostante le teorie discordanti sull'acquisto, la Venere di Milo giunse in Francia, donata al re Luigi XVIII, che a sua volta la offrì al museo, richiedendo di non restaurarla.

La storia della Venere di Milo

Dal suo ritrovamento all'arrivo al Louvre, la storia della Venere di Milo è piuttosto travagliata e, in alcuni passaggi, ancora avvolta nel mistero.

Il ritrovamento

La venere di Milo è stata ritrovata nel 1820 da un contadino in un campo vicino al teatro antico dell'omonima isola. Nelle ricostruzioni viene talvolta indicato come Georgios Kentrotas, altre come Theodoros Kentrotas e più raramente come Botonis. Si pensa che fosse un "valutatore del valore dei campi", cioè una specie di mediatore dell'epoca. La statua della Venere fu ritrovata in pezzi: prima il busto, poi le gambe coperte da un drappeggio e infine un terzo elemento più piccolo, che ha consentito di unire busto e gambe. Ci sono alcune teorie sul ritrovamento della statua, legate anche al destino dell'opera poi portata al Louvre, dove arrivò l'anno dopo.

L’acquisto conteso

Si dice che il contadino autore del ritrovamento stesse scavando alla ricerca di pietre per sistemare la sua abitazione e per caso si imbatté nei resti della statua. Ma una seconda versione invece afferma che il ritrovamento della statua avvenne in presenza di due militari francesi e che il contadino stesse scavando proprio su commissione del governo francese alla ricerca di resti da portare in patria come trofei. Si racconta anche che i due soldati, tornati in porto, raccontarono a tutti dell’eccezionale ritrovamento.

Tra i marinai era presente il giovane ufficiale Julius Dumont d’Urville, un colto umanista francese, componente dell’equipaggio della nave francese Chevrette. Lui propose subito l’acquisto della statua e il trasporto sulla nave francese. Il capitano della nave però si rifiutò, dicendo che a bordo non c'era posto. Qualche giorno dopo Julius Dumont d’Urville contattò l’ambasciatore di Francia a Costantinopoli e i due si recarono di persona sull’isola di Milos per l’acquisto della statua, sottraendola ad altri potenziali compratori.

Un'altra teoria spiega che Kentrotas nascose l'opera, la quale fu poi tuttavia sequestrata da alcuni ufficiali turchi. Un ufficiale della marina francese, Olivier Voutier, ne riconobbe il pregio e, grazie alla mediazione di Jules Dumont d'Urville e del Marchese di Rivière, ambasciatore francese presso gli Ottomani, riuscì a concluderne l'acquisto. Dopo alcuni interventi di restauro, la statua giunse poi a Parigi.

Ancora, si tira in ballo un agente consolare francese, Brest, che riuscì ad acquistare la statua per conto del marchese de Rivière ambasciatore a Costantinopoli, che intendeva donarla al re di Francia Luigi XVIII. Ma quando il segretario d'ambasciata visconte Marcellus si presentò per ritirarla, trovò che i maggiorenti dell'isola l'avevano consegnata a un monaco armeno che voleva farne dono a un principe greco.

Ma, non avendo il monaco dato altro che un acconto, il Marcellus, avendo aggiunto qualche cosa sul prezzo (che salì in tal modo dai 1200 ai 1500 franchi) dopo due giorni di discussioni e un pagamento in contanti, riuscì a imbarcare la statua sulla sua nave da guerra. Da questo contrasto nacque poi la leggenda di una vera e propria rissa sulla spiaggia di Milo, nel corso della quale la statua avrebbe perduto le braccia, mancanti. In realtà, non vi fu conflitto ma solo la minaccia di far entrare in azione i 50 uomini che il Marcellus aveva ai suoi comandi sulla nave.

La donazione al Museo

Una volta arrivata in Francia, la statua fu offerta al re Luigi XVIII che la donò poi al Museo del Louvre. Dell'arrivo della statua a Parigi dà notizia il Moniteur, giornale ufficiale, del 7 marzo 1821. Erano passati più di tre mesi dall'arrivo della nave con la statua nel porto di Tolone. A rallentare l'arrivo dell'opera nel museo era stata la burocrazia della Casa Reale, lenta ad autorizzare la direzione dei musei ad assumere la spesa per l'imballaggio e il trasporto. Nel carteggio relativo la statua risulta valutata 100.000 scudi.

La ricostruzione

Sei mesi dopo il suo ritrovamento, furono rinvenute due braccia, ma si vide che erano in marmo diverso rispetto a quello usato per il corpo. Insieme alla statua (in tre pezzi: busto, parte panneggiata, parte superiore dei capelli) entrarono al Museo del Louvre un avambraccio reso informe dalla cattiva conservazione, la metà di una mano che tiene una mela e tre erme (di Eracle, di Hermes e di Dioniso). Ciò è attestato dal rapporto presentato il 2 dicembre 1822 dal direttore dei musei di Francia conte Forbin all'Académie des Inscriptions. Tuttavia, la disputa sul restauro fu felicemente risolta dal sovrano, che decise di non restaurarla affatto. Il 24 maggio 1821 la Venere di Milo fu finalmente esposta al pubblico in una sala del Louvre.

Curiosità

Le analisi e gli studi compiuti sulla Venere di Milo hanno permesso di comprendere come sia stato possibile realizzare una statua alta oltre due metri e trasportarla nel luogo cui era destinata. In realtà, la scultura è divisa in due parti. La parte inferiore della statua, che arriva fino al cinto, confine ultimo della veste, deve esser stata lavorata separatamente e in modo da combaciare perfettamente con la parte superiore, che coincide con la parte nuda del corpo della Dea. Il taglio che divide i due tronconi è nascosto tra le pieghe sui fianchi.

Perché non ha le braccia

La Venere di Milo è una scultura famosa anche per il fatto di non avere le braccia. Sull'assenza degli arti esistono diverse teorie. Secondo una di queste, gli arti furono ritrovati nell’area degli scavi ma andarono persi durante il trasbordo da una nave greca a una nave francese durante il viaggio verso Parigi. Ma gli esperti d’arte ritengono ormai questa teoria infondata.

Secondo un’altra teoria sarebbe stato ritrovato il braccio sinistro, ma fu considerato "un falso" o comunque un restauro successivo, in quanto il braccio era meno definito del resto della statua. Quindi, il braccio andò perso perché ritenuto non originale. Secondo alcuni studi è possibile che il braccio fosse stato realizzato dallo stesso autore, ma visto che era una delle parti meno visibili della statua, non fosse stato realizzato con lo stesso livello di lavorazione del resto della statua. Di questo ritrovamento del braccio sinistro sembra esserci traccia nella corrispondenza tra l’ambasciatore a Costantinopoli ed Parigi.

Da alcuni studi è emerso che la mano sinistra era protesa in avanti e molto probabilmente reggeva la mela d'oro per Paride. Il braccio destro invece doveva incrociarsi davanti al busto e le dita della mano dovevano sorreggere il drappo che copriva le gambe della Venere.

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Citazioni e omaggi dal mondo dell’arte

Nel celebre dipinto La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, la figura della Libertà Armata è modellata sulla figura della Venere di Milo, particolarmente ammirata dal pittore francese. Anche Salvador Dalì ha omaggiato l'opera, rappresentandola nel suo quadro la Venere di Milo con cassetti. Un riferimento alla Venere di Milo è stato inserito nel film The Dreamers, in cui la protagonista appare nella sua stanza con degli alti guanti neri su di uno sfondo nero che, tramite un effetto ottico, sembra cancellarle le braccia. Omaggi anche nel mondo della musica: Miles Davis, nell'album Birth of the Cool, dedica alla statua il brano Venus de Milo, scritto da Gerry Mulligan.

Stefania Leo