Pittrici donne: dalle più famose alle meno note
Dalle pittrici donne del Cinquecento fino a quelle del Novecento, il cammino delle artiste è stato un intreccio di talento e tenacia, simboli di resilienza e visione. Riscoprire le pittrici donne della storia significa riscrivere il canone dell’arte stessa, non come atto di rivalsa, bensì come ricerca di verità
Nel corso dei secoli, l’arte ha conosciuto il contributo fondamentale di pittrici donne che, spesso nell’ombra o controcorrente, hanno lasciato un segno profondo nella storia. Dalla grazia rinascimentale di Sofonisba Anguissola al coraggio barocco di Artemisia Gentileschi, dall’eleganza raffinata di Élisabeth Vigée Le Brun all’indipendenza ribelle di Rosa Bonheur, fino alle rivoluzioni interiori di Frida Kahlo, alla delicatezza impressionista di Marie Bracquemond e alla visione spirituale di Hilma af Klint, il mondo della pittura pullula di artiste che hanno saputo ridefinire i canoni estetici ed il modo di interpretare la realtà grazie al loro inedito punto di vista ed alla loro sensibilità. Ecco allora qualche esempio, dalle pittrici donne più famose a quelle meno note.
Pittrici donne che hanno cambiato la storia dell'arte
Attraverso epoche e stili diversi — dal Cinquecento al Novecento — ciascuna ha trasformato la pittura in un atto di libertà, lasciando un’eredità che ancora oggi ispira le pittrici contemporanee. La loro storia non è solo quella dell’arte femminile, ma è una storia di resistenza, intelligenza e immaginazione, capace di restituire voce a chi per secoli l’ha avuta negata.
Sofonisba Anguissola: la nobildonna che divenne pioniera
Tra le prime pittrici donne del Cinquecento, spicca Sofonisba Anguissola, figura straordinaria del Rinascimento non solo per la sua grande maestria tecnica, ma per il coraggio con cui intraprese una carriera artistica in un’epoca dominata dagli uomini. Nata a Cremona nel 1532 in una famiglia che incoraggiava l’istruzione e le arti, Sofonisba mostrò presto un talento eccezionale: a soli quattordici anni divenne allieva di Bernardino Campi, pittore cremonese che la introdusse a tecniche e stili innovativi.
Nel 1559 fu chiamata a Madrid come dama di compagnia della regina Elisabetta di Valois, moglie di Filippo II di Spagna: qui realizzò ritratti di corte caratterizzati da un realismo raffinato e da una profonda sensibilità psicologica, capace di svelare la complessità emotiva e la personalità dei suoi soggetti. Tornata in Italia sul finire del secolo, continuò a dipingere e insegnare fino alla morte, sopraggiunta a 93 anni.
Rivalutata nel tempo, Sofonisba Anguissola è oggi riconosciuta come una pioniera che aprì la strada alle future generazioni di artiste, unendo maestria tecnica, intelligenza umana e coraggio in un’epoca di rigide limitazioni per le donne.
Artemisia Gentileschi: la forza della verità
Tra le pittrici donne più celebri del Seicento, emerge Artemisia Gentileschi: non solo una delle poche a spiccare nel panorama artistico dell’epoca, ma forse l’unica a conquistare un posto di rilievo in quello stridente mondo maschilista della pittura barocca. Figlia del pittore Orazio Gentileschi, nacque a Roma nel 1593 e fin da giovanissima mostrò un talento straordinario, nutrendosi dell’influenza di Caravaggio, Carracci e Reni; in questo contesto così stimolante, apprese il realismo caravaggesco, distinguendosi per un uso magistrale della luce e per la potenza espressiva dei suoi personaggi.
La sua vita cambiò nel 1611, quando subì una violenza da parte del pittore Agostino Tassi. Il processo che ne seguì fu pubblico e doloroso: Artemisia venne sottoposta a umiliazioni e persino alla tortura, ma non ritrattò mai la sua testimonianza, desiderosa com’era di vedere riconosciuti i propri diritti. Da quella ferita nacque un’arte potente e ribelle che, in tele come Giuditta che decapita Oloferne, diventa riscatto, trasformando la pittura in un linguaggio di emancipazione.
Trasferitasi a Firenze, divenne la prima donna ammessa all’Accademia del Disegno, collaborò con i Medici e strinse amicizia con Galileo Galilei. Lavorò poi tra Roma, Venezia, Londra e Napoli, ottenendo committenze prestigiose da sovrani e mecenati. Oggi il suo nome è simbolo di resilienza, libertà e talento, e la sua pittura rimane una delle più intense testimonianze del Barocco italiano.
Élisabeth Vigée Le Brun: la pittrice che sfidò la Rivoluzione
Nata a Parigi nel 1755, Élisabeth Vigée Le Brun fu una delle più grandi ritrattiste del Settecento e la pittrice prediletta di Maria Antonietta. Con grazia e modernità, seppe trasformare il ritratto ufficiale in un linguaggio intimo e luminoso, capace di rivelare la verità dei sentimenti.
Il suo celebre Maria Antonietta en chemise (1783) fu senza dubbio rivoluzionario: la regina vi appariva in abiti semplici, come una donna qualunque, lontana dall’immagine regale, ma colta nella sua essenza. Quel gesto di libertà le valse fama e ostilità insieme.
Costretta all’esilio dalla Rivoluzione, viaggiò in Italia, Austria e Russia, dove fu accolta come un’artista di genio. Nei suoi autoritratti — sempre con la tavolozza in mano — raccontò l’indipendenza e la dignità della donna artista.
Tornata in Francia, pubblicò le sue Souvenirs (1835), un’autobiografia appassionata che riflette la forza di una donna che non smise mai di credere nella propria arte. Vigée Le Brun è oggi ricordata come simbolo di eleganza, libertà e coraggio creativo.
Rosa Bonheur: l’indomita del Realismo
Tra le pittrici donne più anticonformiste dell’Ottocento spicca Rosa Bonheur, artista francese che fece del realismo e dell’indipendenza la propria bandiera. Nata a Bordeaux nel 1822, crebbe in campagna, dove sviluppò una passione profonda per gli animali, protagonisti assoluti dei suoi quadri: studiava cavalli, buoi e pecore con l’occhio dell’anatomista, frequentando fiere e macelli per coglierne ogni dettaglio.
Rosa Bonheur fu anche una pioniera della libertà personale: dichiaratamente omosessuale, portava i capelli corti, fumava sigari e, per poter frequentare luoghi riservati agli uomini, ottenne un permesso ufficiale che le consentiva di indossare i pantaloni, in un’epoca che lo vietava alle donne. Visse per oltre cinquant’anni con la compagna Nathalie Micas nel castello di By, circondata dagli animali che amava e dipingeva.
Prima donna insignita della Legion d’Onore, Rosa Bonheur divenne un’icona di indipendenza, rompendo con grazia e fermezza ogni convenzione del suo tempo.
Frida Kahlo: il dolore trasformato in arte
Nel Novecento, l’arte delle pittrici donne esplose in nuove forme e linguaggi: tra le sue voci più potenti, quella di Frida Kahlo risuona come un grido di libertà e identità. Nata nel 1907 a Città del Messico, Frida iniziò a dipingere dopo un terribile incidente che la costrinse a letto per mesi: usando uno specchio sopra il letto, realizzò autoritratti che divennero la cronaca visiva della sua vita.
Le sue opere, intrise di simbolismo, dolore e orgoglio nazionale, rappresentano un intreccio unico di identità, femminilità e resistenza. Frida, spesso definita tra le pittrici donne surrealiste, rifiutò sempre questa etichetta, affermando di dipingere solo la sua realtà e non dei sogni. La sua pittura — fatta di sangue, fiori, animali e corpi feriti — diventa una confessione visiva, un diario intimo che racconta la malattia, l’amore e la solitudine: tra le sue opere più note, Le due Frida e La colonna spezzata, la sofferenza fisica si fonde con la dignità dello sguardo.
Il suo legame con Diego Rivera fu intenso e tormentato, ma la loro arte si nutrì a vicenda. Nel 1953, gravemente malata, Frida partecipò alla sua mostra su una barella, con un bicchiere di tequila in mano. Morì l’anno dopo, a quarantasette anni, lasciando un’eredità di coraggio, colore e verità che ancora ispira le pittrici di oggi.
Marie Bracquemond: l’impressionista che la critica amò e il marito spense
Tra le pittrici donne impressioniste meno conosciute ma anche tra le più raffinate, Marie Bracquemond merita un posto d’onore accanto a Berthe Morisot e Mary Cassatt. Nata in Bretagna nel 1840, mostrò fin da giovane un talento precoce, esponendo a soli diciassette anni al Salon di Parigi: un traguardo eccezionale per una donna dell’epoca; fu stimata da Monet e Degas, e sostenuta e protetta da Ingres, che la introdusse ai circoli artistici dell’epoca.
Entrata nel movimento impressionista grazie al marito Félix Bracquemond, si dedicò alla pittura en plein air, studiando la luce e la vita quotidiana con straordinaria sensibilità. Tuttavia, proprio il marito — incapace di accettare il successo di questa artista dallo straordinario talento — finì per ostacolarla, spingendola ad abbandonare la pittura nel 1890.
Tra le poche donne ammesse alle esposizioni impressioniste — accanto a Berthe Morisot e Mary Cassatt — Bracquemond fu apprezzata per la delicatezza cromatica e la profondità psicologica delle sue figure.
Hilma af Klint: la visionaria che dipinse l’invisibile
Quando nel 1935 Vasilij Kandinskij si proclamò autore del primo quadro astratto, ignorava che anni prima Hilma af Klint, pittrice svedese, aveva già varcato quella soglia. Nata a Stoccolma nel 1862, iniziò a sperimentare l’arte non figurativa nel 1906, ispirata da spiritualità, scienza e misticismo.
Le sue tele, immense e vibranti di forme e colori, erano concepite come messaggi per il futuro. Convinta che il mondo non fosse pronto a comprenderla, Hilma chiese che le sue opere non fossero esposte fino a vent’anni dopo la sua morte. Rimase nell’ombra per decenni, finché, alla fine del Novecento, la sua arte è stata finalmente riconosciuta come il vero inizio dell’astrattismo. Hilma af Klint non dipingeva ciò che vedeva, ma ciò che intuiva: l’invisibile, l’anima, l’universo. Con lei, la pittura smise di rappresentare e cominciò a rivelare.
Il riscatto delle pittrici contemporanee
Oggi le pittrici contemporanee godono di maggiore visibilità, ma la parità è ancora lontana: basti pensare che meno di un terzo delle opere esposte nei musei italiani è firmato da donne, nonostante queste rappresentino circa il 35% dei nomi documentati nella storia dell’arte. Questo divario ricorda quanto sia importante continuare a riscrivere il racconto dell’arte, restituendo voce e spazio a quelle artiste che, nei secoli, hanno dipinto non solo il mondo visibile, ma anche la lotta silenziosa per essere viste.
Paola Greco
Foto di apertura: Artemisia Gentileschi, Public domain, via Wikimedia Commons