La lirica dorica

Alcmane

Incerte sono le notizie che possediamo di Alcmane. Nativo forse di Sardi in Asia Minore, operò a Sparta nella seconda metà del VII sec. a.C. e fu uno dei primi autori della melica corale, cioè della lirica accompagnata dalla musica, scandita in strofe, cantata da cori e ritmata da movimenti di danza. La lingua, come sarà poi in tutta la lirica corale, è il dialetto dorico, con qualche eolismo e qualche riecheggiamento di Omero.

L'opera

La sua opera, ordinata dagli alessandrini in 6 libri, comprendeva inni, peani (canti in occasione di vittorie sportive), iporchemi (canti in accompagnamento a danze di giovani), scoli (canti simposiali), imenei (canti per feste nuziali) e soprattutto parteni (canti di giovinette destinati all'esecuzione da parte di cori femminili), per cui il poeta fu soprattutto famoso. Questi ultimi canti venivano eseguiti durante i riti d'iniziazione e scandivano le varie fasi dell'educazione femminile (a Sparta, infatti, le donne ricevevano un'istruzione simile alla paidéia ginnico-musicale impartita agli uomini). Della sua produzione rimangono circa 170 frammenti, per lo più molto brevi, tranne il Papiro del Louvre (detto anche Papiro Mariette, di un centinaio di versi) e il Papiro di Ossirinco (circa 30 versi). La lirica di Alcmane possiede un tono inconfondibile, specie nella grazia con cui canta la bellezza femminile, nella struggente malinconia con cui rimpiange la giovinezza perduta o nell'incanto misterioso dei paesaggi (famosissimo il cosiddetto Notturno, imitato da poeti di ogni epoca). Non mancano nella poesia di Alcmane, che si vantò di conoscere il canto di tutti gli uccelli e di saperlo tradurre in parole, note di garbata e sorridente malizia oltre che espressioni tratte dal linguaggio popolare.