Ovidio

Le metamorfosi

Le metamorfosi, capolavoro di Ovidio e una delle opere più significative della letteratura latina, nascono da un'ambizione più ampia. L'autore intende tracciare attraverso la sequenza di circa 250 trasformazioni ­ da uomo a pianta o ad animale o a statua o ad altra diversa forma inanimata ­ una sorta di storia del cosmo, dal caos originario fino all'apoteosi di Cesare e alla glorificazione di Augusto. L'ampiezza dell'opera, l'uso dell'esametro, la struttura stessa di carmen perpetuum (poesia ininterrotta) svelano l'intenzione di Ovidio di riprodurre la grandezza dell'epos nel campo della mitologia e non in quello della solennità eroica. Oltre all'Esiodo della Teogonia, le fonti sono prevalentemente alessandrine, da Nicandro a Eratostene e soprattutto Callimaco; tra i latini, Ovidio ebbe presenti i neòteroi e Virgilio.

La concezione di fondo è tratta dalla dottrina pitagorica, con cenni stoici e platonici, e tuttavia l'intento dottrinale è continuamente sopraffatto dalla suggestione del poeta di fronte alle immagini dei miti che si susseguono in continuazione. La visione cosmica svela forse l'intento di gareggiare con Lucrezio, la cui strenua analisi razionale è tuttavia agli antipodi della coloritura intensamente patetica di molte pagine ovidiane. All'interno dell'unità, costituita dalle metamorfosi, le leggende sono accostate tra loro secondo criteri geografici o genealogici e talora, per le parti che hanno relazione con la storia di Roma, anche cronologici. La loro successione, tuttavia, sembra obbedire soprattutto alle necessità interne della poesia, che ora privilegia l'esigenza della varietà e dell'antitesi, ora quella dell'analogia e della contiguità dei temi. Soggetto principale è ancora l'amore, se pure trasposto dagli ambienti mondani della Roma del tempo alla lontananza favolosa del mito.