Il romanzo del dopoguerra

Il romanzo austriaco

La storia del romanzo austriaco aveva appena scritto uno dei capitoli più importanti entro la più generale storia del romanzo del Novecento: l'Uomo senza qualità di Musil, i Sonnambuli di Broch e l'Auto da fé di Canetti rappresentavano una parola definitiva sulle sorti del romanzo in quanto possibilità ed esercizio di esperienza, stile e comunicazione di una totalità. Tuttavia, al termine del conflitto, la letteratura austriaca si trovò in una situazione non troppo dissimile da quella tedesca. I grandi narratori che aveva conosciuto nei primi decenni del Novecento erano stati costretti ad abbandonare la madrepatria, la quale si trovava ora abbandonata dai vari Musil, Broch, Canetti, Roth, Werfel. Un complessivo indebolimento della vita letteraria fu il prezzo minimo che si dovette pagare, con il perenne rischio di ridurre il mondo austriaco nella galleria dei ricordi asburgici o di farne ancora una volta una provincia del più ampio mondo germanico. Fu per merito in particolare degli scrittori più giovani se si riuscirono a evitare queste cadute, per riprendere invece la caratteristica tensione che aveva portato la cultura letteraria austriaca a ricercare l'equilibrio tra l'indefinitezza del sentimento e la logica scientifica, tra l'analisi empirica e la ricerca di assoluto, a esplorare ripetutamente le possibilità del linguaggio, a tentare l'esperimento letterario, nuove forme di prosa e di poesia. In tal senso, dopo la distruzione bellica fu ancora questa letteratura a prendere per prima la strada del rinnovamento, cercando di ricostruire un linguaggio razionale e condivisibile per l'esperienza artistica, in specie letteraria.

Saiko

Meno fortunato di altri autori austriaci che colsero il successo, Georg Saiko (Seestadtl, Boemia, 1892 - Rekawinkel, Vienna, 1962) è stato autore di un'opera che costituisce un episodio tutt'altro che periferico della narrativa contemporanea. In particolare il suo romanzo Sulla zattera (Auf dem Floss, 1948), ambientato nell'Austria tra le due guerre, si muove in bilico tra gli inafferrabili abissi dell'io e la consapevolezza morale, tra cosmo barocco ed esplosione dell'irrazionale, nel luogo d'incontro di realtà delle cose e interiorità fluttuante dell'individuo. Anche nell'altro romanzo, L'uomo nel canneto (Der Mann im Schlif, 1955) come nei racconti (Giraffa sotto le palme, Giraffe unter Palmen, 1962), Saiko esprime il sentimento di disagio di fronte alla decadenza asburgica e l'avvento di una società priva di valori, avvalendosi delle tecniche di esplorazione dell'inconscio derivate da Joyce, Broch e Musil.

Urzidil

Ultimo esponente della grande generazione di letterati praghesi, amico di Kafka e Werfel, dal 1921 al 1932 Johannes, Urzidil (Praga 1896 - Roma 1970) fu consigliere per la stampa della missione tedesca a Praga. Nel 1938 l'invasione nazista lo costrinse a fuggire dalla Cecoslovacchia, ed egli riparò prima a Londra e poi, nel 1941, a New York. Iniziò come lirico espressionista (La caduta dei dannati, Sturz der Verdammten, 1920) e scrisse successivamente raffinati racconti in parte d'ambiente boemo, quali L'amante perduta (Die verlorene Geliebte, 1956), che peraltro indulge alla dimensione più privata del sentimento. Il suo capolavoro rimane il Trittico di Praga (Prager Triptychon, 1960), nel quale si esprime al meglio la sua vena carica di grazia e di humour, l'equilibrio che egli seppe ricercare tra rievocazione e distacco, immedesimazione nostalgica e ironico commiato.

Ilse Aichinger

Dopo il romanzo La speranza più grande (Die grössere Hoffnung, 1948), la scrittrice austriaca Ilse Aichinger (Vienna 1921) si affermò come autrice di racconti e storie brevi. Gli echi kafkiani nell'Uomo legato (Der Gefesselte, 1953) e la cronologia rovesciata in Storia allo specchio (Spiegelgeschichte, 1954) distinguono nettamente la sua prosa dal realismo tipico del Gruppo '47, a cui pure appartenne. Si ricorda anche la raccolta di poesie Consiglio regalato (Verschenkter Rat, 1978).

Sperber

Di famiglia ebraica, Manès Sperber (Zablotów, Galizia, 1905 - Parigi 1984) fu educato nella tradizione chassidica. Nel 1916 le operazioni militari indussero la sua famiglia a trasferirsi a Vienna, dove il giovane si accostò alle idee sionistiche ed entrò nella gioventù comunista; conobbe inoltre lo psicoanalista A. Adler, di cui divenne allievo. Nel 1927 si trasferì a Berlino; arrestato dai nazisti, fu rilasciato in quanto cittadino austriaco e riparò a Parigi, dove lasciò il Partito comunista e scrisse il saggio di psicologia sociale Per l'analisi della tirannide (Zur Analyse der Tyrannis, 1939). Volontario nell'esercito francese, fuggì in Svizzera dopo la sconfitta, rientrando però a Parigi nel 1945. Il suo capolavoro narrativo è la trilogia romanzesca Come una lacrima nell'oceano (Wie eine Träne im Ozean, 1949-55), imperniata sul fallimento dell'Internazionale Comunista e la distorsione ideologica della verità. Intrecciando i piani e i rapporti di vita, autobiografia e letteratura, questa trilogia non soltanto si trova a registrare la conclusione delle istanze etico-politiche che l'hanno ispirata in origine, e dunque la delusione dello stalinismo: essa inoltre riesce pienamente a tratteggiare la figura del fuoriuscito, l'esule dalla totalità costretto a vivere i frammenti della propria esperienza strappata come costituissero, ognuno, la pienezza del senso. Come una lacrima nell'oceano rappresenta la crisi dell'individuo nell'epoca del totalitarismo, il suo disorientamento psicologico all'interno di una costruzione globale che l'avvolge annientandolo nella propria macchinosa dialettica, ma insieme essa si costituisce quale epopea dell'individualità anonima, espulsa, errabonda. Tra gli altri scritti di Sperber, è una vera e propria autobiografia l'altra trilogia, Tutto il passato (All das Vergangene): Gli acquaioli di Dio (Die Wasserträger Gottes, 1974), L'inutile monito (Die vergebliche Warnung, 1975), Finché non mi copriranno di cocci gli occhi (Bis man wir Scherben auf die Augen legt, 1977).

Doderer

Heimito von Doderer (Weidlingau, Vienna, 1896 - Vienna 1966) fu attento lettore di Rilke, Freud e Dostoevskij. Esordì con alcuni racconti (La breccia, vicenda in 24 ore, Die Bresche. Ein Vorgang in 24 Stunden, 1924) che attestano l'influenza dell'espressionismo nello stile, accompagnata da un'autonoma ricerca in ambito tematico. Nel 1938, con scarsa risonanza, uscì il suo primo e forse migliore romanzo: L'occasione di uccidere (Ein Mord, den jeder begeht). In esso, attraverso l'esposizione di un singolare caso “giallo” nel quale è coinvolto un giovane borghese conformista, Doderer sviluppa un tema caratteristico della sua opera: la Menschwerdung, il processo di maturazione che conduce l'individuo da una torpida esistenza di conformismo sociale a un'autentica vita individuale. Lo scrittore raggiunse la fama solo negli anni '50, con la pubblicazione dei due monumentali romanzi “viennesi”: La scalinata (Die Strudlhofstiege, 1951) e I demoni (Die Dämonen, 1956), opere di ampio respiro ispirate alla tradizione del romanzo naturalista ottocentesco, che ambiscono anche a dare una valutazione di importanti eventi del passato austriaco (per es., l'incendio del Palazzo di Giustizia nei Demoni). Nel 1951 apparve inoltre il bizzarro racconto Le finestre illuminate (Die erleuchteten Fenster), capolavoro dai toni grotteschi che si ritrovano anche nel successivo I Merovingi (Die Merowinger, 1962). È rimasto parzialmente irrealizzato il progetto del Romanzo n. 7 (Roman n. 7), così intitolato in omaggio all'arte sinfonica di Beethoven, interrotto dalla morte dell'autore, che poté concludere solo la prima parte, Le cascate di Slunj (Die Wasserfälle von Slunj, 1963) e il frammento Il bosco di confine (Der Grenzwald, 1967, postumo). Ricchi e interessanti per la comprensione della poetica di Doderer sono i diari, quasi interamente pubblicati in Tangenti (Tangenten, 1956) e nei due volumi dei Commentarii (1976, 1986).

Ingeborg Bachmann

I temi dell'insufficienza della parola e dell'inesprimibilità del reale, del disagio dell'esistenza e dell'indicibilità dell'oggi sono al centro dell'opera poetica narrativa di Ingeborg Bachmann (Klagenfurt 1926 - Roma 1973). Laureatasi in filosofia con una tesi su Heidegger, raggiunse notorietà letteraria nel 1952 presentando alcune sue liriche a un incontro del Gruppo '47. L'anno seguente pubblicò la raccolta poetica Il tempo dilazionato (Die gestundete Zeit, 1953), un'opera di grande ispirazione lirica tanto da richiamare Hölderlin, e nei cui temi fa trasparire a volte una risoluta polemica contro la società del secondo dopoguerra. Le poesie di Invocazione all'Orsa Maggiore (Anrufung des Grossen Bären, 1956) racchiudono squarci d'intensa lirica amorosa. Significativi anche i drammi radiofonici, soprattutto Il buon Dio di Manhattan (Der gute Gott von Manhattan, 1958), e le prose d'impianto lirico-introspettivo, tra le quali vanno ricordati i racconti di Il trentesimo anno (Das dreissigste Jahr, 1961) e il romanzo Malina (1971), probabilmente la sua opera più riuscita.