Approfondimenti

Leggi che governano i moti dei pianeti

Nell'antichità, l'universo era rappresentato come un insieme di sfere concentriche rispetto alla Terra e su ognuna era localizzato un "astro"; il tutto era poi racchiuso da una sfera opaca con fori, attraverso i quali giungeva la luce dell'empireo. Tali concezioni sono esposte dal matematico, astronomo e geografo greco C. Tolomeo (I secolo d.C.). Tolomeo colloca la Terra, immobile, al centro dell'universo; intorno a essa ruotano la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno e la sfera delle stelle fisse. Questo "modello", noto come sistema tolemaico, (o sistema geocentrico), venne accettato fino al XVII secolo, quando ne fu dimostrata l'infondatezza a fronte del nuovo modello proposto da N. Copernico (1473-1543), noto come sistema copernicano (o sistema eliocentrico), secondo cui la Terra e gli altri pianeti si muovono intorno al Sole, descrivendo traiettorie dette orbite (un moto orbitale completo di un pianeta intorno al Sole è chiamato rivoluzione). Il tempo impiegato a percorrere un'intera orbita è detto periodo di rivoluzione (per esempio, il periodo di rivoluzione della Terra è pari a un anno).

Le caratteristiche del moto dei pianeti nel sistema solare sono state definite all'inizio del Seicento dall'astronomo tedesco G. Keplero (1571-1630). Sulla base dell'osservazione diretta del cielo, egli individuò tre leggi che descrivono il movimento dei pianeti.

Le leggi di Keplero

La prima legge di Keplero sostiene che l'orbita di ciascun pianeta è un'ellisse di cui il Sole occupa uno dei fuochi. Percorrendo la propria orbita ellittica, ciascun pianeta viene a trovarsi a distanze diverse dal Sole, che variano tra due posizioni estreme: quella di massima distanza è l'afelio; quella di minima distanza è il perielio.

La seconda legge di Keplero afferma che ciascun pianeta si muove sulla propria orbita con velocità variabile: più rapidamente quando è più vicino al Sole, più lentamente quando è più lontano.

La terza legge di Keplero sostiene che i pianeti più vicini al Sole si muovono sulle proprie orbite più velocemente di quelli più lontani. I rapporti fra tali velocità sono regolati da una legge matematica: il rapporto fra i quadrati dei periodi di rivoluzione di due pianeti qualsiasi è uguale al rapporto fra i cubi delle loro distanze medie dal Sole.

Le tre leggi, frutto dell'osservazione diretta del moto dei pianeti nel cielo, descrivono come si muove un pianeta intorno a una stella, ma non ci dicono cosa determina tale movimento.

La legge di gravitazione universale

Nel 1687 I. Newton (1642-1727) scoprì che il Sole, dotato di una massa molto grande, trattiene i pianeti e li costringe a ruotargli intorno. La legge di gravitazione universale viene così espressa: due corpi si attraggono con forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato delle loro distanze. La più semplice verifica della legge di Newton è la forza di gravità agente sulla Terra: qualsiasi oggetto tende a cadere al suolo appunto perché è attratto dalla massa del nostro pianeta. Nel caso del sistema solare, i piccoli pianeti dovrebbero essere attratti dalla grande massa del Sole e cadervi sopra. Ma ciò non accade, perché tale forza di attrazione (detta anche centripeta, in quanto diretta verso il Sole che è al centro del sistema) è perfettamente bilanciata dalla forza centrifuga sviluppata dal moto di rivoluzione dei pianeti. I pianeti più vicini al Sole, e quindi attratti da una forza gravitazionale centripeta maggiore, devono controbilanciarla sviluppando una forza centrifuga opposta, tramite un movimento rotatorio più veloce. I pianeti più distanti e attratti da una forza minore possono ruotare più lentamente (seconda legge di Keplero).