La situazione italiana

La scuola italiana dal secondo dopoguerra ai giorni nostri

La caduta del fascismo e l'avvento al potere delle forze democratiche comportarono un ripensamento del sistema educativo, teso a ridurre la dicotomia classista che ispirava l'ordinamento scolastico precedente. In molti casi, però, come in tanti altri settori della Pubblica amministrazione, alle intenzioni di riforma non seguirono fatti concreti, tanto che fino ai governi di centro-sinistra degli anni Sessanta anche nella scuola si seguì di fatto una linea di continuità con il periodo fascista, a livello di programmi e di struttuta complessiva dello studio. Fu nel 1962 che venne elaborata la prima vera riforma della scuola: essa, abolendo la distinzione tra scuola media unica e avviamento professionale, istituiva una scuola media unica, mentre la legge dell'11 dicembre 1969 liberalizzava l'accesso universitario a ogni diplomato .

L'esigenza di una scuola in cui le diverse componenti avessero maggiore spazio e potessero contribuire al miglioramento della didattica diede origine ai decreti delegati del 1974, che istituirono gli organismi collegiali per la gestione democratica della scuola e introdussero la possibilità di sperimentazione, sia curriculare sia didattica, all'interno delle scuole di ogni ordine e grado.

Nel giugno 1990 furono emanati i nuovi programmi della scuola elementare, che rivedono la didattica e i curricula dell'istruzione primaria, istituiscono l'insegnamento modulare, introducono una specializzazione per area del corpo insegnante.

La legge del 15 marzo 1997, infine, consente piena autonomia organizzativa e didattica alle singole istituzioni scolastiche, lasciando allo Stato il controllo di quelle funzioni che richiedono una guida unitaria (per esempio, il perseguimento di determinati obiettivi).

Come si può desumere dall'analisi dei provvedimenti legislativi riportati, il sistema scolastico italiano si presenta come un insieme spezzettato, in cui i diversi ordini di scuola si riferiscono a riforme parziali, elaborate in periodi differenti secondo logiche e obiettivi talvolta contrastanti. Costituisce una vergogna tutta italiana l'avere un'istruzione secondaria superiore dipendente in buona parte da programmi che risalgono al 1923, ovvero alla riforma operata dal mimistro Gentile durante il periodo fascista, in netto contrasto (per obiettivi, metodologie, finalità) con quelli dell'istruzione secondaria inferiore, a loro volta incongruenti con i più recenti ordinamenti dell'istruzione elementare.

Si è tentato di porre rimedio a questo stato di cose con l'elaborazione da parte di una commissione parlamentare (commissione Brocca) di un piano di riforma, applicato parzialmente nell'ambito delle scuole sperimentali. Però nonstante le buone intenzioni e i tentativi di introduzione dei nuovi programmi sperimentali da parte di un numero sempre crescente di Istituti durante il corso degli anni Novanta, i programmi Brocca non sono mai riusciti a trasformarsi in un cambiamento generalizzato e definitivo.

Una riforma complessiva e di vasta portata dell'istruzione italiana fu invece progettata e parzialmente messa in atto dal ministro Berlinguer (centro-sinistra); il punto più rivoluzionario della sua impostazione fu la sostituzione del vecchio esame di maturità, istituito provvisoriamente nel 1968 e poi rimasto in vigore per trent'anni, con il nuovo esame di Stato (in vigore dall'anno scolastico 1998-99), basato su tutte le materie del curriculum scolastico, su prove scritte più moderne e talvolta veramente innovative, sulla valutazione di tutto il trascorso scolastico dello studente (sistema dei "crediti"), nonchè sull'introduzione della possibilità d'uso degli strumenti informatici più avanzati (presentazione multimediale di una "tesina "). Berlinguer impostò anche un sistema di valutazione qualitativa degli insegnanti, che però questi ultimi rifiutarono in blocco, con un atteggiamento forse un po' pregiudiziale e corporativo. Inoltre il progetto di riforma generale dei tre cicli scolastici (elementari - medie - superiori) elaborato dal centro-sinistra, che sarebbe dovuto partire dal 2001, fu oggetto di grandi critiche da molte parti dell'opinione pubblica e venne affossato dal nuovo governo di centro-destra.


Il governo di centro-destra in carica dal maggio 2001, con il suo Ministro dell'Istruzione Moratti, dopo aver bloccato il progetto di riforma del centro-sinistra, elaborò a sua volta un articolato progetto alternativo, i cui punti salienti possono essere così riassunti:

  • Possibilità di accesso anticipato alle Scuole d'infanzia e alle scuole elementari;
  • Verifiche biennali del profitto degli studenti delle scuole medie e superiori (alla fine della 2° media, della 1° superiore e della 3° superiore), con possibilità di bocciatura degli studenti giudicati non idonei;
  • Reintroduzione del voto di condotta, che farà media con i voti delle altre materie;
  • Studio della prima lingua straniera dalla prima elementare, e dalla seconda lingua dalla prima media;
  • Netta distinzione nella scuola superiore tra Licei, di cinque anni (con otto indirizzi: classico, artistico, economico, linguistico, scientifico, tecnologico, musicale, scienze umane) e Formazione professionale di 4 anni, di competenza delle regioni; resta però la possibilità per gli studenti di passare da un tipo di studio all'altro.
Mini-riforma degli esami di Stato finali, in vigore già a partire dal 2002, con abolizione dei membri esterni: solo il presidente della Commissione d'Esame verrà da un altro Istituto, su nomina del Ministero.