Politica e società

Introduzione

Originariamente, nella filosofia classica (per esempio, in Aristotele) la parola greca politiké indicava l'ambito stesso della vita collettiva, un vivere associato in comunione, una comunità nella quale i cittadini gestivano il bene comune tramite rapporti faccia a faccia. L'ambito del politico era insomma l'ambito stesso del sociale e la gestione del potere era di tipo orizzontale, con una base della piramide molto allargata e un vertice molto basso. Le cose mutano radicalmente già in epoca romana, quando la civitas (termine latino che traduce il greco pòlis) acquista delle dimensioni che sorpassano di gran lunga la possibilità del "vivere politico" consentito dalla pòlis greca. La civitas romana si configura come una civilis societas, comunità di cittadini, organizzata giuridicamente, e la sfera della politicità tende a definirsi (almeno ai tempi di Cicerone, che definiva la civitas come l'aggregazione umana fondata sul consenso della legge) come sfera della giuridicità. Non emerge ancora, però, e non emergerà nemmeno durante il Medioevo (epoca in cui la politica è vista in chiave teologica ed è associata indissolubilmente all'etica), quella proiezione verticale che lega l'idea di politica, cioè di gestione della cosa pubblica e del bene comune, all'idea di potere, di comando, né si ritrova l'idea correlativa di uno Stato sovraordinato alla società.