Lessico

sf. [sec. XIII; da accogliere]. L'atto e il modo con cui si accoglie qualcuno o (più rar.) qualche cosa: ci hanno fatto una festosa accoglienza; temo che le tue richieste non troveranno buona accoglienza.

Sociologia: generalità

Il concetto di accoglienza può essere inteso sia come atteggiamento sia come processo. Nel primo caso, l'accoglienza è una predisposizione benevola di individui e gruppi verso soggetti provenienti da realtà diverse; è dunque il frutto di un insieme di valori, rappresentazioni, modelli di comportamento che favoriscono una buona predisposizione da parte dei membri di un sistema sociale nei confronti di attori provenienti dall'esterno del sistema stesso. Così intesa, l'accoglienza si manifesta come un clima socioculturale incline ad accettare le diversità, a favorirne l'inserimento e la convivenza dentro il sistema sociale di riferimento. Nel secondo caso, l'accoglienza definisce tutte le strategie di azione che favoriscono l'inserimento dei nuovi arrivati; si riferisce quindi all'insieme delle politiche, degli indirizzi e delle azioni concrete che un sistema sociale mette in opera per favorire l'integrazione dei soggetti provenienti dall'esterno. In questi termini, l'accoglienza è qualcosa di misurabile e comparabile, consentendo di mettere a confronto sistemi sociali diversi a partire dalla loro maggiore o minore tendenza ad accogliere al loro interno soggetti provenienti dall'esterno. Atteggiamenti e processi di accoglienza, diversamente combinati fra loro, costituiscono la spina dorsale di ogni azione di integrazione cui i sistemi sociali complessi danno vita nel tentativo di affrontare le sfide provenienti dalla necessità di costruire le società multiculturali e multirazziali.

Sociologia: accoglienza e globalizzazione

L'odierno dibattito sul tema dell'accoglienza deve tenere conto dei processi di globalizzazione dei rapporti di scambio internazionale. La crescita dell'interdipendenza fra attori geograficamente distanti ha come conseguenza la necessità di procedere a una regolazione dei rapporti che scavalca le competenze dei singoli governi nazionali per collocarsi a un livello sovraordinato. Nel caso dell'accoglienza, oggetto della regolazione vengono a essere gli standard di prestazioni e status da offrire ai soggetti provenienti dall'esterno dei sistemi sociali interessati. La visione dei processi di globalizzazione come libera disponibilità di opportunità su scala internazionale viene infatti accompagnata da una richiesta di regole uniformi da far valere indifferenziatamente in ogni contesto locale. Le regole dell'accoglienza all'interno di un mondo globalizzato hanno quindi come oggetto un sistema di garanzie e limiti nella regolazione dei flussi che sia valido a ogni latitudine. L'aspetto problematico che emerge dal rapporto fra processi di globalizzazione e dinamiche dell'accoglienza è quello che si connette con la cultura dei diritti da adottare come universale. La già sperimentata difficoltà a costruire un corpus di diritto internazionale che riesca a mediare efficacemente all'interno della molteplicità dei singoli sistemi di diritto nazionale rappresenta un monito su questo tipo di difficoltà. In tema di accoglienza, la fissazione di principi validi su scala internazionale deve passare attraverso la mediazione fra i diversi approcci particolari. Come già messo in evidenza, esistono sistemi più aperti di altri nell'attuazione delle politiche di accoglienza; ciò produce situazioni diseguali in termini sia di opportunità da sfruttare sia di protezioni di cui beneficiare. Proprio la fusione opportunità-protezioni può essere vista come il nucleo problematico delle strategie globali in materia di accoglienza; i due termini, infatti, accentuano due diversi approcci al tema degli status da riconoscere e delle prestazioni da offrire. Le culture dell'accoglienza più inclini a esaltare la capacità di realizzazione individuale pongono l'enfasi sull'assegnazione di un ventaglio di opportunità al migrante, lasciando poi all'abilità di quest'ultimo la messa a frutto delle opportunità medesime. Viceversa, le culture dell'accoglienza maggiormente attente agli aspetti solidaristici mostreranno maggiore attenzione alla figura del migrante come soggetto debole, sradicato dal sistema sociale d'origine e bisognoso di una serie di misure protettive che garantiscano il processo di integrazione nel sistema sociale di destinazione. Se sul piano dei principi generali dell'accoglienza la sfida strategica si colloca a un livello globale, su quello delle azioni concrete assume sempre più importanza il livello locale. Anche questa è una conseguenza, fra le più dibattute, dei processi di globalizzazione: la cosiddetta glocalizzazione. Essa consiste nell'aumento dell'importanza che i singoli territori (città, regioni, comprensori di varia estensione) vengono a rivestire come conseguenza della diminuzione del ruolo che lo stato-nazione assume nei processi politici. La crescente importanza del livello locale all'interno dei processi globali si nota anche nelle politiche dell'accoglienza, che vedono sempre più le singole unità territoriali coinvolte in prima linea non soltanto nel fronteggiare le azioni pratiche di gestione dei flussi sul territorio, ma anche nell'assegnazione degli status. Gli esperimenti di assegnazione dei diritti politici su scala locale (come, per esempio, il diritto di voto concesso agli stranieri in occasione delle elezioni comunali) sono un buon esempio di una dinamica in atto che vede la dimensione local rispondere con strategie di accoglienza agli impulsi provenienti dai processi global.

Sociologia: accoglienza e culture

Fra tutti i possibili aspetti legati all'accoglienza, sia essa intesa come atteggiamento o come processo, il più problematico è quello che concerne l'incontro fra culture diverse. I processi di accoglienza comportano il contatto non soltanto fra individui appartenenti a sistemi sociali differenti, ma anche fra i relativi sistemi culturali, intesi come complessi organizzati e coerenti di valori, norme e rappresentazioni del mondo. È proprio su questo piano che l'accoglienza come atteggiamento, prima ancora che come processo, gioca un ruolo cardinale. Quando si parla di accoglienza in senso culturale, infatti, l'oggetto del rapporto fra migranti e indigeni non è l'assegnazione di diritti e doveri, ma quell'atteggiamento che viene definito dalla parola riconoscimento. Per riconoscimento si deve intendere un atteggiamento verso uno o più soggetti portatori di una qualche forma di diversità – nazionale, culturale, etnica, razziale – che si fondi sull'accettazione di essi per ciò che essi sono, e non per ciò che si pretenderebbe che fossero. La particolarità del riconoscimento consiste nel fatto che esso ha un carattere bilaterale: entrambi i soggetti del rapporto devono riconoscersi reciprocamente, assegnandosi l'un l'altro un credito e una dignità che rende praticabile la relazione sociale. La bilateralità del riconoscimento, però, non va intesa come simmetria delle posizioni di riconoscimento: c'è sempre una posizione di privilegio da parte di uno dei soggetti, alla quale corrisponde una posizione di svantaggio. Se sul piano formale della relazione il riconoscimento ha un carattere bilaterale e reciproco, su quello sostanziale esso ha un carattere asimmetrico. Il fattore principale di asimmetria nel riconoscimento è dato dalla posizione dei soggetti rispetto al processo di accoglienza: la posizione di indigeno, cioè di soggetto facente parte del sistema sociale che accoglie, è privilegiata rispetto a quella del migrante, il soggetto che viene accolto. I rischi legati alla questione del riconoscimento, e i problemi che ne possono conseguire per ciò che concerne i processi di accoglienza, provengono da entrambi i poli della relazione. Dalla parte del sistema sociale che effettua l'azione di accoglienza il rischio è quello di un eccesso di assimilazione: la tentazione di imporre il proprio modello culturale ai soggetti provenienti, mettendoli nelle condizioni di rinnegare il proprio. Dalla parte opposta, quella del soggetto proveniente dall'esterno del sistema, il rischio è quello della chiusura culturale: il migrante può avere un atteggiamento di totale rifiuto verso la cultura del sistema sociale di destinazione, partecipando a quest'ultimo soltanto come attore economico e portatore di diritti e doveri e rafforzando un legame nostalgico con la cultura d'origine. Eccesso di assimilazione e chiusura culturale complicano il processo di accoglienza e costituiscono una minaccia per l'equilibrio del sistema sociale. Il grado di apertura culturale della società che opera il processo di accoglienza si mette in relazione diretta con la riuscita dell'integrazione dei nuovi arrivati: quanto più è aperta una società nei confronti della cultura dei migranti, tanto meno difficile sarà l'integrazione di questi ultimi. Ma in alcuni casi l'apertura culturale di un sistema sociale potrebbe non essere sufficiente a garantire l'integrazione. In casi di sistemi culturali troppo diversi per contenuti, o legati a sistemi sociali diversamente sviluppati, il riconoscimento risulta complicato dalla difficoltà di comunicazione e comprensione reciproche. Inoltre, in circostanze di migrazioni di massa si creano le condizioni per la formazione di comunità chiuse, che riproducono nella società di destinazione riti e usi propri di quella di origine. La particolarità delle differenze culturali è data dal fatto che esse si fondano anche sull'adozione di pratiche espressive immediatamente riconoscibili, che suscitano nei sistemi socio-culturali di destinazione delle reazioni che variano tra la curiosità e la diffidenza, fino a giungere all'estremo della proibizione. Una diversa cultura dell'abbigliamento, per esempio, può stimolare un'attenzione incuriosita nelle popolazioni locali, intente a soffermarsi sull'aspetto "pittoresco" di un certo tipo di vestiario. Ma talvolta, come succede nel caso dell'uso del chador per le donne provenienti da sistemi culturali di forte radice islamica, una scelta di abbigliamento può essere interpretata come l'espressione di un rifiuto del sistema culturale del Paese ospitante, e in quanto tale essere oggetto di divieto. Allo stesso modo le pratiche religiose, legate a riti particolari e a prescrizioni diverse da quelle proprie delle religioni locali (come il ramadàn islamico, o il sabbāt ebraico) possono essere ritenuti allo stesso tempo espressione di una diversità culturale feconda e come un attacco a un sistema di valori che vede nella dimensione del sacro una componente fondamentale. Sulla base di queste considerazioni è possibile capire come l'accoglienza delle culture esterne al sistema debba essere anche e soprattutto accoglienza delle pratiche a essa associate. Il principio dell'accoglienza delle differenze culturali si pone alla base della formazione delle società multiculturali che sempre più appare una necessità dei sistemi sociali contemporanei. Come già detto in precedenza, la diversa tradizione dei singoli sistemi sociali alla coesistenza e integrazione fra le diversità etno-culturali e razziali fornisce un vantaggio nella realizzazione di questo obiettivo. I sistemi sociali che vantano una lunga tradizione di integrazione delle diversità, consolidata nel corso di fasi storiche precedenti a quelle contraddistinte dai processi di globalizzazione e dalle grandi migrazioni, sono facilitati nel governare le sfide poste dall'accoglienza delle nuove migrazioni. Viceversa i sistemi sociali che, per svariate circostanze di natura storica, sono stati interessati soltanto di recente da massicci flussi migratori si trovano a dover definire i contenuti di una cultura dell'accoglienza priva di una tradizione consolidata. La gestione delle tensioni in una società che affronta la sfida del multiculturalismo vede nell'accoglienza delle diversità culturali un punto cardine. La strategia della mediazione fra il sistema culturale di accoglienza e quelli cui appartengono i migranti, fondata sul reciproco riconoscimento e sull'apertura, porta secondo alcuni teorici dei processi di globalizzazione al fenomeno della creolizzazione. Esso consiste nel mescolarsi di contenuti provenienti da culture diverse, e nel formarsi di filoni culturali ibridi che alimentano gli stili di consumo contemporanei e ne sono a loro volta alimentati. La creolizzazione culturale si manifesta quindi come una forma approfondita e sofisticata di accoglienza: il mescolarsi di contenuti culturali provenienti dall'esterno con quelli interni al sistema contribuisce ad annullare le diversità di partenza e finisce con il modificare l'accoglienza culturale nel suo stesso statuto. Diviene così contaminazione, cioè un processo nel quale due o più soggetti mettono in comune le rispettive caratteristiche modificandole reciprocamente per influenza dell'uno sull'altro. È questo il massimo grado possibile di apertura culturale che un sistema sociale possa garantire in termini di accoglienza.

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