Lessico

sf. [sec. XIII; latino barba].

1) L'insieme dei peli che spuntano sulle guance e sul mento dell'uomo: barba lunga, da radere; barba corta o rasata; barba folta, rada, incolta, dura, morbida; barba a pizzo, a due punte, alla cappuccina, alla nazzarena; avere, portare la barba; accarezzarsi, lisciarsi la barba; farsi la barba, radersela, anche farsela radere; fare la barba a qualcuno, radergliela oppure, fig., criticarlo, conciarlo male; analogamente servire uno di barba e capelli o di barba e parrucca. In loc. fig.: barba d'uomo, uomo di valore, di coraggio: “non c'è barba d'uomo capace di farlo smettere” (Palazzeschi); ma anche: che barba d'uomo!, che persona noiosa!; che barba!, che noia!; in barba o alla barba di qualcuno, a suo dispetto, suo malgrado; farla in barba a qualcuno, ingannarlo.

2) Ciuffo di peli sul mento di alcuni animali: la barba del capro. Per estensione, in marina: ormeggiare a barba di gatto, lo stesso che afforcare.

3) Gruppo di peli, generalmente disposti in modo regolare, che riveste una parte di un organo vegetale: le barbe delle radici, le barbe del granoturco, gli stili; carciofi con le barbe. Alcune piante, per la loro struttura simile a una barba, assumono nomi come barba di becco e barba di bosco, che spesso abbondano sulle cortecce di abeti e larici in montagna, sotto forma di fiocchi o cespuglietti di colore glaucescente. Per estensione, radice in genere: metter le barbe, attecchire; anche di elementi non vegetali: le barbe dei denti.

4) In anatomia, barba del calamo scrittorio, serie di sottili filamenti biancastri (detti anche strie acustiche) che si dipartono dallo stelo del calamo, nel cervello.

5) In zoologia, ciascuno dei rami perpendicolari della rachide che formano, con le barbule, il vessillo delle penne degli uccelli.

6) In legatoria, sfrangiatura sul taglio dei fogli dei libri non rifilati.

7) Nelle incisioni, sbavatura lasciata dal bulino ai lati del solco.

Storia

La barba fu simbolo di virilità, di dominio, di saggezza e come tale fu spesso considerata sacra: dagli ebrei che reputavano un atto sacrilego il radersi, dai maomettani che ancora oggi giurano sulla barba del Profeta. Anticamente la barba fu anche segno di libertà: agli schiavi era proibito portarla e ai vinti veniva tagliata. Presso gli Egizi la barba (spesso posticcia) era un privilegio del faraone; per i Greci dell'età ellenistica era segno distintivo dei filosofi e dei vecchi e così per i Romani, quando cominciarono a radersi (dal sec. III a. C.). Da allora si alternarono presso i vari popoli epoche in cui la barba scompariva (sec. XIV, sec. XVIII), restando segno distintivo solo di certe categorie (per esempio, dei monaci o degli uomini di legge, ecc.), ed epoche in cui essa tornava di moda (alto Medioevo, sec. XVI-XVII, romanticismo). Nel sec. XIX l'uso di portare barba e baffi caratterizzò i patrioti italiani e i liberali di tutta Europa. Dal 1918 prevalse l'uso della rasatura completa; oggi l'uso di lasciarsi cresere la barba, tornata di moda solo a partire dagli anni Sessanta, è piuttosto diffuso.

Codice di diritto canonico

Per il clero, sia regolare sia secolare, il Codice di Diritto Canonico non emana nessuna disposizione sulla barba; esistono invece alcune proibizioni papali (l'ultima risale al 1920) di portare la barba, riferite ai soli chierici secolari e peraltro suscettibili di eccezioni. Invece l'uso della barba rimane presso alcuni ordini religiosi (camaldolesi eremiti, cappuccini, ecc.) e presso i missionari.

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