Aristòfane

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Biografia

(greco Aristophánēs; latino Aristophănes). Poeta greco della commedia attica antica (Atene ca. 445 a. C.-dopo il 388). Poche notizie ci sono state trasmesse sulla sua vita e poche se ne rintracciano nelle sue commedie. Fu tra i pritani della sua città, ma in generale non partecipò attivamente alla vita politica, che pure ha parte così grande nella sua opera. Fu premiato più volte ai concorsi delle Dionisie e delle Lenee. Ebbe tre figli, Ararote, Filippo e Nicostrato, commediografi anch'essi.

Le commedie

Aristofane scrisse una quarantina di commedie, di cui solo 11 ci sono giunte. La prima, Gli Acarnesi (425), è una commedia contro la guerra; prende il titolo, come spesso avviene, dal coro, costituito dai carbonai del demo attico di Acarne, fautori della guerra contro Sparta (Aristofane visse nel periodo della guerra del Peloponneso, tra Atene e Sparta, e molte delle sue opere teatrali vivono su questo sfondo). Protagonista è Diceopoli (il cittadino giusto), che, desideroso invece della quiete, stringe con gli Spartani una pace personale. La seconda parte dell'opera mostra comicamente i vantaggi di questa pace: Diceopoli se la gode e fa baldoria, mentre Lamaco, il generale fanfarone, parte per i disagi della guerra. Ne I cavalieri (424), Demo (il popolo) è un vecchio rimbambito, che ha un servo, Paflagone (in cui è raffigurato il demagogo Cleone), dal quale è dominato; ma un salsicciaio, con l'aiuto anche dei cavalieri, lo scaccia e Demo, riacquistata gioventù e intelligenza, sposa la bella Tregua. Le nuvole (423) sono una burla della filosofia di Socrate e una delle migliori commedie di Aristofane. Prendono nome dal coro, costituito da nuvole, in cui si perdono i filosofi. Le vespe (422) satireggiano invece il gusto degli Ateniesi per i processi, con un figlio che tenta di guarire il padre, smanioso di far da giudice nei tribunali. Più bella è, per la sua lievità, La Pace (421), dove ritorna il tema de Gli Acarnesi a distanza di pochi anni, quando, dopo una guerra ormai decennale, più viva era l'aspirazione generale alla fine delle ostilità. Trigeo, un contadino attico, sale all'Olimpo per liberare la Pace, prigioniera del dio della Guerra, e portarla nel mondo; l'impresa riesce e Trigeo torna tra le acclamazioni di tutti e sposa Opora, l'Abbondanza delle messi. Capolavoro di fantasia, di brio e di splendida lirica è Gli uccelli (414). Alla base della commedia c'è il desiderio di una vita naturale, diversa da quella voluta dagli uomini. Due vecchi ateniesi, Pistetero (compagno fedele) ed Evelpide (sperabene), stanchi di una città litigiosa, decidono di fondarne in mezzo all'aria una nuova, la città degli uccelli, con cui impadronirsi dell'universo, costringendo gli dei a venire a patti per fame, quando sia intercettato il fumo dei sacrifici con cui si nutrono. La Lisistrata (colei che scioglie gli eserciti, 411) rappresenta la nota vicenda delle donne ateniesi che si rifiutano ai loro mariti per obbligarli alla pace; anche gli Spartani sono poi indotti a chiedere la pace da un'analoga decisione delle proprie mogli. Le Tesmoforiazuse (411), ovvero le donne adunate per le feste di Demetra, sono un allegro pretesto per parodiare la poesia di Euripide e per ironizzare sulla sua misoginia. Le rane (405) sono ancora una satira di Euripide che, avvicinato nell'Ade da Dioniso, il quale vuole riportarlo sulla Terra, non supera il confronto con Eschilo, che il dio riconduce sulla Terra in vece sua. Nelle Ecclesiazuse o Le donne a parlamento (392) Aristofane rappresenta una sorta di colpo di Stato operato dalle donne travestite da uomo. Ci sarà comunismo di tutto, beni e donne; di qui una serie di conseguenze comiche per le pretese di diversi cittadini. Il Pluto (388), ultima delle commedie di Aristofane, ha forme diverse (il coro non ha quasi più importanza) e toni meno accesi delle altre. Un vecchio onesto e povero, Cremilo, chiede all'oracolo di Apollo se deve consigliare al figlio la disonestà per avere fortuna. La risposta permette a Cremilo di incontrare Pluto, dio della ricchezza; Pluto è cieco e perciò arricchisce i furfanti anziché i galantuomini, ma Cremilo gli ottiene da Asclepio la vista e allora le sorti degliuomini mutano.

La critica

La commedia di Aristofane si presenta come un esempio unico nella storia del teatro: è la sola testimonianza della commedia attica antica che rimane e per i suoi caratteri si stacca completamente dai toni e dalle strutture delle successive, quali s'impongono poi definitivamente, soprattutto con Menandro. Il teatro aristofanesco si spiega anzitutto con le condizioni politiche di Atene nel sec. V: la libertà di parola, l'interesse enorme che i cittadini portavano alla politica, la loro partecipazione ai temi della cultura (teatro, filosofia, oratoria). La discussione dei principali fatti del tempo e il dibattito delle idee sono un elemento essenziale di questo teatro e continuamente s'inseriscono o direttamente o come allusioni nella trama principale. Trama che a sua volta è invece calata solitamente in un mondo assurdo. Gran parte della comicità aristofanesca nasce anzi dal contrasto tra il vero e il fantastico, fantastico che si pone nella prima parte del dramma come un dato naturale e di cui si traggono nella seconda le più esilaranti conseguenze; quindi non si può parlare di un vero e proprio intreccio e tanto meno di costruzione di caratteri. Per tutto questo Aristofane è un artista irripetibile, inimitabile.

C. F. Russo, I due teatri di Aristofane, Firenze, 1958; C. H. Whitman, Aristophanes and the Comic Hero, Harvard, 1964; J. Taillardat, Les images d'Aristophane. Etudes de langue et de style, Parigi, 1965; A. De Carli, Aristofane e la sofistica, Firenze, 1971; K. J. Dover, Aristophanic Comedy, Londra, 1972; C. W. Dearden, The Stage of Aristophanes, Londra, 1975; C. F. Russo, Aristofane autore di teatro, Milano, 1984.

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