Badòglio, Piètro, duca di Addis Abeba

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maresciallo d'Italia e uomo politico (Grazzano Monferrato, ora Grazzano Badoglio, 1871-1956). Ufficiale d'artiglieria, prese parte nel 1896 alla guerra d'Eritrea. Fu capo di Stato Maggiore del corpo d'armata del generale Frugoni durante la guerra di Libia, dirigendo l'occupazione di Zanzūr. Nella prima guerra mondiale come capo di Stato Maggiore della IV Divisione e poi del VI Corpo d'Armata diresse le opere di fortificazione sul Sabotino che conquistò nell'agosto 1916. Come comandante di corpo d'armata prese parte alla battaglia della Bainsizza. Durante la grande offensiva austro-tedesca di Caporetto (ottobre 1917) comandava il XXVII Corpo d'Armata, attraverso il quale si sviluppò la penetrazione decisiva delle truppe nemiche. Tuttavia Badoglio il 10 novembre fu nominato sottocapo di Stato Maggiore dell'esercito, agli ordini di Diaz, che aveva sostituito Cadorna. Ebbe così parte essenziale nella riorganizzazione dell'esercito italiano e nella vittoria del 1918, tanto che, in riconoscimento dell'opera svolta tra il novembre 1917 e il novembre 1918, fu creato cavaliere di gran croce dell'Ordine Militare di Savoia e nel 1919 fu nominato senatore e generale d'esercito. Nel dopoguerra fu commissario straordinario della Venezia Giulia dopo l'occupazione di Fiume da parte di D'Annunzio e venne nominato capo di Stato Maggiore dell'esercito subentrando a Diaz (1919-21). Nominato da Mussolini capo di Stato Maggiore generale, mantenne questa carica, la più alta delle forze armate, dal 1925 al 1940; fu poi maresciallo d'Italia nel 1926 e governatore della Libia (1928- 33) e nel 1929 ricevette il collare dell'Annunziata. Nel 1935 assunse il comando delle forze impegnate nella guerra d'Etiopia guidandole alla conquista di Addis Abeba (maggio 1936). Nominato viceré d'Etiopia e duca di Addis Abeba, rientrò in Italia da trionfatore e gli fu assegnata la tessera ad honorem del partito fascista. Cumulò molte cariche e onori, tra cui la presidenza del Consiglio nazionale delle ricerche. Allo scoppio della seconda guerra mondiale Badoglio fu favorevole alla neutralità ma mantenne la sua carica di capo di Stato Maggiore generale; pur contrario alla campagna di Grecia, non vi si oppose con decisione; dopo i primi insuccessi fu sostituito da Cavallero (dicembre 1940) e si ritirò a vita privata. Sebbene non avesse preso parte al complotto che portò il 25 luglio 1943 alla caduta di Mussolini, Badoglio fu chiamato dal re a capo del nuovo governo. Il suo ministero temporeggiò coi Tedeschi, mentre negoziava con gli Alleati l'armistizio, che fu firmato a Cassibile il 3 settembre 1943 e reso improvvisamente noto da Badoglio l'8 settembre dietro pressione del generale Eisenhower. Il 9 settembre Badoglio abbandonò precipitosamente la capitale seguendo a Brindisi il re e lasciando i soldati italiani senza ordini in preda alla reazione tedesca. Il 13 ottobre dichiarò guerra alla Germania dopo aver firmato a Malta un secondo armistizio, l'“armistizio lungo”. Avversato dai rappresentanti dei partiti antifascisti, riuscì comunque a far durare il suo ministero tecnico fino al 22 aprile 1944, quando costituì un governo su più larghe basi, anche in seguito all'appoggio concessogli da Togliatti di ritorno da Mosca. Dopo la liberazione di Roma fu sostituito da Ivanoe Bonomi (giugno 1944) e si ritirò definitivamente a vita privata.

Bibliografia

G. Salvemini, Badoglio nella seconda guerra mondiale, in “Il Ponte”, VIII (1952), IX (1953); A. Tosti, Pietro Badoglio, Milano, 1956; V. Vailati, L'armistizio e il regno del sud, Milano, 1969; S. Bertoldi, Badoglio, Milano, 1982.

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