Biografia e opere

Poeta francese (Parigi 1821-1867). Nato dal secondo matrimonio dell'ormai sessantaduenne Joseph-François, funzionario al Senato, con la ventisettenne Caroline Archimbaut-Dufays, a sei anni era già orfano di padre. Tutta la sua vita risentì di questo perduto sostegno; né varrà a riscattarlo il profondissimo amore per la madre (che assai tardi cominciò a intuirne il genio) cui farà da schermo l'odio subito avvertito per il patrigno, il maggiore Jacques Aupick, uomo chiuso a ogni intuizione d'arte, consacrato com'era al sentimento dell'ordine e di una rigida misura borghese. Trasferita la famiglia a Lione, dove Aupick era stato nominato colonnello, Baudelaire entrò al Collège Royal (1833) per volontà del patrigno. Col richiamo nella capitale del colonnello, passato allo Stato Maggiore, nel 1836 passò al Collège Louis-le-Grand, donde, per il bisogno di estraniarsi e la ribellione alle regole comuni, venne espulso alla vigilia del baccalauréat. Sostenne egualmente, pochi mesi dopo e con successo, gli esami. Ma la sua vita sregolata e gli ambienti frequentati convinsero il patrigno a farlo imbarcare (1841) sul Paquebot des Mers du Sud, diretto in India. Da questo viaggio, interrotto alle isole Maurizio, sorse quell'amore dell'esotismo che riapparirà poi nell'opera del poeta e nasceranno quelle prime liriche entrate a far parte, quindici anni dopo, della prima edizione di Les Fleurs du Mal (I fiori del male). Il ritorno a Parigi nel 1842, dove già aveva conosciuto Gérard de Nerval (dal cui suicidio nel 1855 resterà profondissimamente turbato), lo avvicinò a scrittori, artisti e critici, da Boissard a Deroy, da Ouriac a Banville, da Balzac (forse) a Sainte-Beuve, ma soprattutto a Gautier, che egli amò come un discepolo e al quale dedicò Les Fleurs. Conobbe anche il fotografo Tournachon, che diventerà famoso come Nadar. È l'anno in cui cominciò quel lungo appassionato rapporto d'amore con la mulatta Jeanne Duval, ispiratrice di erotici sentimenti, ma anche di purificato senso di pietà nei momenti tormentosi della malattia che la portò alla paralisi, di cui la stessa dissolutezza del poeta (Ma jeunesse ne fut qu'un ténébreux orage) fu certo la causa. I debiti, da cui Baudelaire sarà afflitto per tutta la vita, indussero il patrigno a riunire nel 1844 un consiglio di famiglia per interdire il giovane e affidare il suo patrimonio all'amministrazione dell'onesto Ancelle, notaio a Neuilly. L'anno dopo, lo stesso in cui egli tentò per la prima volta il suicidio, uscirono le sue prime critiche d'arte e le sue prime poesie. La sua vita, dopo un'effimera apparizione sulle barricate (1848) che lo portò allo scetticismo, tanto da fargli scrivere il 2 dicembre di sentirsi “fisicamente depoliticizzato” passando addirittura, per rabbia e delusione, a professare idee (se non sentimenti) reazionarie, è un perenne conflitto alla ricerca della purezza nel contrasto dell'abbandono alla più squallida dissolutezza, cui fanno da contrappunto innamoramenti teneri, come quello per Marie Daubrun che gli ispirò Invitation au voyage e quel mirabile verso Vous êtes un beau ciel d'automne, clair et rose che apre la Causerie, o pieni d'illusione, come quello per la raffinata demi-mondaine Apollonie Sabatier, la présidente, forse nato più dal gusto della letteratura che da un moto profondo del cuore. Ma nulla riesce a fargli mutare vita, neppure la condanna di Les Fleurs du Mal del 1857, messe sotto accusa da quello stesso Ernest Pinard che aveva già fatto condannare Madame Bovary di Flaubert. Un nuovo tentativo di suicidio nel 1861, il bisogno di confessione nella lettera del 6 maggio di quello stesso anno alla madre, forse la più profonda e tormentata confessione che sia mai stata scritta, il tentativo di entrare all'Accademia, con l'avanzata candidatura al posto di Lacordaire, tentativo rientrato e che gli stessi amici non sostennero, la ribellione al mondo culturale francese che non voleva accoglierlo (Hugo gli scrisse invece da Guernesey che le sue liriche “créent un frisson nouveau”) e gli inutili tentativi di trovare maggior comprensione in Belgio (1864 e 1865) sono le tappe di un'esistenza senza requie. Purissima si salva solo la lucidità della mente, anche se nel 1862, in Mon coeur mis à nu, scrisse quella terribile frase “Aujourd'hui... j'ai senti passer sur mon front le vent de l'aile de l'imbécillité”, simbolo di quell'ardente desiderio che cerca nella propria fede il valore più alto della poesia oltre ogni inquietante disperazione. Baudelaire cercò nell'hashish, nell'oppio, nell'alcol, nell'etere il sollievo dalla malattia che nel 1867, dopo la lunga agonia della paralisi, lo avrebbe ucciso. Cercò la fuga dalla realtà in esperienze che ritroviamo nei Paradis artificiels (1861), opera la cui validità risiede nelle acute notazioni psicologiche della prima e della seconda parte, con un'indagine sull'uso e gli effetti della droga e una rielaborazione delle Confessioni di un mangiatore d'oppio inglese di De Quincey. Debole invece la terza parte. Ma se nei Paradis si coglie la finezza critica e introspettiva dell'autore, e nella traduzione di Poe (durata 17 anni e iniziata nel 1847, l'anno in cui pubblicò il suo unico racconto La Fanfarlo e in cui lesse il Gatto nero tradotto da Isabelle Meunier) un esempio di ricreazione artistica più che di trasposizione in altra lingua, in ogni suo saggio critico si ha la conferma della convinzione che l'arte deve concorrere a rappresentare il bello e raggiungere la spiritualità nel dominio di ogni passione. È la tesi proposta nel Salon de 1845 e nel Salon de 1846, dove le sue dottrine estetiche si precisano inequivocabilmente per essere ribadite nei saggi Méthode critique, Delacroix, Ingres del 1855 e Le peintre de la vie moderne (1863).

Letteratura: la concezione estetica e la poetica

Sia in pittura, dove Baudelaire indica in Delacroix il vero artista moderno, l'interprete delle sue ansiose inquietudini, sia in musica, dove indica in Wagner – si veda il saggio Richard Wagner et le Tannhäuser à Paris, riunito con altri nelle opere postume Curiosités esthétiques (Curiosità estetiche) e Art Romantique – il genio nuovo vanamente schernito dai contemporanei, sia in letteratura e in poesia, dove indica in Flaubert il creatore affrancato da ogni debolezza e indulgenza e in Vigny l'espressione più cosciente della severa concezione della poesia, il poeta francese sostiene la sua fede nella funzione dell'arte rispetto alla vita e all'indipendenza di essa rispetto alla morale: l'arte è ricerca della perfezione e non vi è perfezione senza purezza. Necessità dunque di un lungo travaglio artistico per ritrovare nell'uomo il misterioso sentimento del sogno e stabilire per suo mezzo un nuovo rapporto col mondo. Il verso del poeta evoca sovente sentimenti perduti, desideri inconfessati, ricreando i turbamenti della carne e dello spirito, liberando la parola più limpida e più acuta dal groviglio delle intuizioni e delle sensazioni. Travaglio presente soprattutto in Les Fleurs du Mal, le cui prime 18 liriche apparvero nel 1855 nella Revue des deux mondes col titolo consigliato da H. Babou, mentre i titoli pensati dall'autore erano Les lesbiennes e Les Limbes. In volume le pubblicò per primo l'amico editore Poulet-Massis, due anni dopo, e sei di esse non furono più ripubblicate per mezzo secolo a causa della condanna. Les Fleurs, cui si aggiunsero nuove liriche, in particolare nel 1866 Les épaves (I relitti) e Nouvelles Fleurs du Mal, realizzano pienamente il conflitto dell'animo del poeta tra ennui e idéal. Contrariamente ai romantici il paesaggio non appare nella sua opera se non in rapide seppur potenti evocazioni e la donna diventa il tramite tra il poeta e la vita. Nell'amore per lei, oltre l'esaltante tempesta dei sensi, egli va cercando il riposo del sogno, l'illusione suggestiva della purezza che è la rappresentazione della sua fede, esaltata da un sentimento di pietà che nei Petits poèmes en prose o Le Spleen de Paris trova nuova eco, concludendo l'arco di un sentimento di cristiana fraternità che sublima la sua poesia. § Immenso è stato l'influsso dell'arte di Baudelaire sulla letteratura francese posteriore. Sviluppando motivi che il romanticismo non aveva del tutto trattato (il senso del mistero, l'esotismo, l'impegno completo nell'esistenza anche contro i falsi ideali del mondo sociale), il poeta ha avuto un grande potere di irradiazione, sia per la sua personalità, sia per le conquiste della sua creazione poetica. È stato indicato dalla critica un immediato influsso sugli artisti che giunge fino a S. Mallarmé e a P. Valéry e ad alcuni contemporanei; un altro influsso si nota nei poeti “veggenti” fino a J.-A. Rimbaud e ai surrealisti. Il valore della parola in Baudelaire si unisce al mito filosofico; c'è in lui un senso di sortilegio e di magia che si può già definire simbolismo ed è connesso a segrete movenze mistiche dell'ultimo Settecento (tipico il sonetto Correspondances di Les Fleurs du Mal). Partendo dal poeta francese si volle dare una ragione ideale alla poesia, intesa come autentico messaggio di vita con cui si fonde in comunità d'amore.

Bibliografia

J.-P. Sartre, Baudelaire, Parigi, 1947; I. Siciliano, Baudelaire, Venezia, 1948; P.-G. Castex, Baudelaire critique d'art, Parigi, 1969; G. Raboni, Per conoscere Baudelaire, Milano, 1971; T. Bassim, La femme dans l'œuvre de Baudelaire, Parigi, 1974; A. Moss, Baudelaire et Madame Sabatier, Parigi, 1975; R. Kempf, Dandies, Baudelaire et Cie, Parigi, 1977; D. Rincé, Baudelaire et la modernité poétique, Parigi, 1984; G. Macchia, Baudelaire, Milano, 1986.

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