Byron, George Gordon, lord-

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poeta inglese (Londra 1788-Missolungi 1824). Fu educato dapprima ad Aberdeen, Dulwich e Harrow (1794-1805), poi al Trinity College di Cambridge (1805-08). Esordì come poeta nel 1806 con una raccolta di versi soppressi per oscenità e riediti, espurgati, in Hours of Idleness (1807; Ore d'ozio). Ai critici che accolsero l'opera con una certa severità rispose con la satira English Bards and Scotch Reviewers (1809; Bardi inglesi e recensori scozzesi). Nello stesso anno, dalla residenza di Newstead Abbey partì per un viaggio che lo portò a Lisbona; a Malta, dove amoreggiò con Constance Spencer Smith, la Florence del poema Childe Harold's Pilgrimage; in Albania, in Grecia, a Costantinopoli, dove attraversò a nuoto l'Ellesponto, nonostante fosse zoppo per una paralisi infantile. In quel periodo compose i primi due canti del Childe Harold's Pilgrimage (Pellegrinaggio del giovane Aroldo), scritti in Albania e pubblicati nel 1812, al suo ritorno in patria; Hints from Horace (postumo, 1831; Spunti da Orazio), rifacimento dell'Ars Poetica oraziana; The Curse of Minerva (1815; La maledizione di Minerva) contro lord Elgin per avere trasportato a Londra i fregi del Partenone. Tornato in Inghilterra (1811), trascorse a Londra anni intensissimi dal punto di vista letterario. Apparvero in quel periodo The Giaour (Il giaurro), The Bride of Abydos (La sposa di Abido) nel 1813, cui seguirono The Corsair (1814; Il corsaro), che gli diede la celebrità, Lara (1814), Hebrew Melodies (1815; Melodie ebraiche), The Siege of Corinth (1816; L'assedio di Corinto) e Parisina (1816). Frequentò l'alta società londinese, fu amico del poeta Thomas Moore, ebbe tempestosi amori, tra cui Frances Wedderburn Webster, la Medora di The Corsair. Nel 1815 sposò Annabella Milbancke, dalla quale si separò l'anno successivo, con grande scalpore. Accusato di rapporti incestuosi con la sorellastra Augusta Leigh, nel 1816 lasciò definitivamente l'Inghilterra. Fu a Ginevra, dove visse con gli Shelley e compose il terzo canto del Childe Harold's Pilgrimage (1816), il Prisoner of Chillon (1816; Il prigioniero di Chillon), il dramma Manfred (1817; Manfredi), tradotto da Silvio Pellico nel 1843. Si trasferì poi presso Venezia, dove condusse una vita sregolata; compose nel 1818 i poemi Beppo e Mazeppa, terminò il Childe Harold's Pilgrimage e iniziò il Don Juan (Don Giovanni), poema a cui attese per tutta la vita. A Ravenna con l'amica Teresa Guiccioli, scrisse nel 1819 le terzine della Prophecy of Dante, le tragedie alfieriane Marino Faliero, Sardanapalus e The Two Foscari (I due Foscari), il dramma Cain (Caino). Raggiunse poi Shelley a Pisa, dove fondò con Leigh Hunt la rivista The Liberal (1822-23) e dove pubblicò vari poemi e il dramma Heaven and Earth (Cielo e terra) di argomento religioso. Compose ancora il Werner (1822), unico dramma portato sulle scene, e il poema satirico The Vision of Judgment (1822; La visione del giudizio) e The Deformed Transformed (1824; Il deforme trasformato). Alla morte di Shelley (1822) lasciò Pisa per Genova, dove compose la satira politica The Age of Bronze (1823; L'Età del Bronzo) e il poema The Island (1823; L'isola). Invitato dai patrioti greci, si recò a Missolungi, dove prese parte alla lotta contro i Turchi, e morì di febbre il 19 aprile 1824. Nonostante l'avversione per i romantici inglesi e l'ammirazione per Pope, Byron divenne il simbolo dell'eroe satanico. La sua influenza sul romanticismo europeo fu enorme: fu ammirato, tra gli altri, da Hugo, Lamartine, Heine, Puškin, Leopardi. Fu esaltato dai liberali di tutta Europa e vituperato dagli Inglesi, che non gli perdonarono il vivace anticonformismo. Byron fu definito un Euphues immorale: spesso i suoi versi si stemperano in declamazioni che tradiscono, sotto le spoglie di un repubblicanesimo libertario, un anarchismo squisitamente aristocratico; tuttavia, l'arditezza linguistica e la vivacità dello spirito creano vivaci descrizioni di un felice realismo.

Bibliografia

A. Maurois, Byron, Parigi, 1930; A. Farinelli, Byron e Ibsen, Bologna, 1944; L. A. Marchand, Byron, Londra, 1957; G. Melchiori, Byron and Italy, Nottingham, 1958; A. Brilli, Il gioco del don Juan. Byron e la satira, Ravenna, 1971; A. De Crescenzo, Gli svaghi di Ortensio. Byron, Shelley, Keats e la critica italiana, Napoli, 1988.

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