Mizoguchi, Kenji

regista cinematografico giapponese (Tōkyō 1898-Kyōto 1956). Tra i maggiori esponenti del cinema mondiale, attivo dal 1922 ha diretto almeno un centinaio di film (sebbene se ne sia attribuiti solo 75). Per oltre trent'anni ha svolto un discorso coerente sulla società feudale e su quella moderna attraverso la donna o, meglio, attraverso il destino “di prostituzione” riservato alla donna quale che fosse il suo ceto. Nel suo inimitabile stile, in cui la vita sembra fluire come per magia e la tecnica del piano-sequenza anticipa Antonioni e Jancsó, egli ha osservato il mondo e le sue trasformazioni e contraddizioni, le sopravvivenze del passato nel travaglio di un'età nuova non sempre più civile, lo scontro così eloquente e generalizzabile tra il modernismo spregiudicato e superficiale e la tradizione ottusa ma dignitosa (tema già presente al miglior livello in Le sorelle del Gion del 1935, ambientato nel quartiere delle geishe, il microcosmo da cui il cineasta seppe osservare l'intera società). Secondo il prisma di un realismo umanista, il suo tono fu di constatazione rigorosa e dolorosa più che di denuncia, e la sua effusione lirica, autentica e dominata, non cadde nel patetico, nel paternalistico e nel polemico. L'arte di Mizoguchi è universale e i suoi ritratti di donne umiliate e offese sono tra i più teneri e sconvolgenti che siano apparsi su uno schermo. Eclettico nel periodo muto, ondeggiante tra influssi figurativi, teatrali e letterari anche occidentali, e infine ideologici (da Il folle amore d'una maestra di canto, 1926, giunto allora in Europa, a La marcia su Tōkyō e Sinfonia metropolitana, 1928-29), il regista iniziò il suo cammino originale, non senza disturbi da parte del potere costituito, con Eppure continuano a vivere (1931), incisivo dramma di una madre e di una figlia costrette entrambe alla prostituzione. Nel 1935, nella fase in cui il “nuovo realismo” produceva anche altri autori di prestigio, come Tomu Uchida, Mizoguchi realizzò i primi capolavori: Elegia di Ōsaka e il già citato Le sorelle del Gion, ma presto giunse il momento della repressione. Costretto dal clima politico e dalla guerra a rifugiarsi all'ombra dei classici e del kabuki, nell'epoca Meiji (fine Ottocento) o in quella dei samurai, e in raffinatissime biografie di attori (“era il mio modo di far della resistenza”), Mizoguchi lasciò tuttavia opere come Storia di crisantemi tardivi (1939) o La donna di Naniwa (1940), che prelusero alla fioritura del dopoguerra. Aperta e chiusa da due film sulla prostituzione (Le donne della notte, 1948; La strada della vergogna, 1956), tale stagione registrò la punta più alta nella trilogia apparsa alla Mostra di Venezia (Vita di O-Haru donna galante, 1952; I racconti della luna pallida d'agosto, 1953; L'intendente Sanshō, 1954), ma si arricchì di altri ottimi film (Ritratto della Yuki, 1950; La musica del Gion, 1953; Gli amanti crocifissi, 1954).

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