Biografia

Poeta italiano (Bosisio, Como, 1729-Milano 1799). Figlio di un modesto commerciante di seta; compì gli studi a Milano, usufruendo di una piccola rendita lasciatagli da una prozia, a condizione che abbracciasse lo stato ecclesiastico. Sacerdote per necessità e non per vocazione, nel 1754 fu assunto come precettore presso i duchi Serbelloni, dove rimase fino al 1762, avendo modo di osservare la vita nobiliare nei suoi aspetti più frivoli e più brillanti. L'assidua frequenza dell'Accademia dei Trasformati, tipica espressione dell'illuminismo lombardo, gli consentiva intanto di uscire dal suo isolamento provinciale e di partecipare alla vita intensa della società intellettuale milanese. In seguito a un diverbio con la duchessa, Parini abbandonò la casa Serbelloni e fu accolto come precettore dagli Imbonati; ma la fama delle prime due parti del Giorno aveva intanto richiamato su di lui l'attenzione del conte Firmian, governatore della Lombardia, che, nel 1768, gli affidò la direzione della Gazzetta di Milano e, nel 1769, lo nominò professore di eloquenza alle Scuole palatine (poi trasformate in Ginnasio di Brera). Divenuto (1791) sovrintendente alle scuole pubbliche, nel 1796, dopo l'ingresso dei Francesi in Lombardia, fu chiamato a far parte della Municipalità di Milano; ma fu ben presto destituito dalla carica per il suo atteggiamento moderato, inconciliabile con le idee rivoluzionarie e giacobine. Poco prima di morire, scrisse un sonetto per celebrare il ritorno degli Austriaci a Milano.

Le opere: l'influenza dell'illuminismo

L'esordio letterario di Parini è costituito da Alcune poesie di Ripano Eupilino, pubblicate nel 1752 sotto uno pseudonimo-anagramma: “arcade arretrato al Cinquecento” (Carducci), Parini sperimenta, in queste prime rime, la lirica seria e quella giocosa, lasciando affiorare, pur nel preminente interesse per la lingua e lo stile, quella tematica morale e quel gusto realistico che caratterizzeranno la sua produzione maggiore. La successiva presa di coscienza della funzione civile e morale della poesia è documentata da due scritti polemici: il primo (1756) contro A. Bandiera, difensore di un rigido purismo toscano, e il secondo (1760) contro O. Branda, denigratore del dialetto milanese: in queste polemiche Parini rivela una concezione antipedantesca e moderatamente moderna, in equilibrio tra natura e ragione, tra classicismo e illuminismo. In tale prospettiva si inserisce il Dialogo sopra la nobiltà (1757), che si finge avvenuto tra un nobile e un poeta popolano morti di recente: la professione di fede sull'eguaglianza originaria degli uomini non ha qui un significato eversivo nei confronti dell'ordine sociale, ma si colloca in una visione riformistica, come dimostra la conversione finale del nobile alla verità espostagli dal poeta. La concezione moderata di una letteratura aperta ai problemi attuali, ma sensibile alle esigenze di un'intensa disciplina formale, nel solco del classicismo, trova puntuale conferma negli scritti di poetica, tra i quali il Discorso sopra la poesia (1761), dove, in armonia con i precetti del sensismo, alla poesia è assegnata la funzione di dilettare e insieme giovare alla società, e il trattato, pubblicato postumo, Dei principi generali delle belle lettere applicati alle belle arti, raccolta delle lezioni tenute a Brera, in cui è ribadita l'aspirazione a una letteratura eticamente elevata e moderna, ma rispettosa dei valori della tradizione. A un simile atteggiamento vanno ricondotte le prime Odi, composte tra il 1757 e il 1770 e caratterizzate da un forte impegno illuministico. Già nella Vita rustica è sensibile il distacco dall'Arcadia: la campagna del Parini non è più il giardino decorativo e pastorale dei poeti arcadi, ma un luogo di lavoro, popolato dalle opere e dalle fatiche degli uomini, nel quadro di un ideale di vita sobria e sana. Ma l'adesione al sensismo illuministico è più evidente nella Salubrità dell'aria, dove il motivo degli aliti corrotti che ammorbano l'aria di Milano è espresso con termini crudi e realistici, attenuati dall'aggettivazione aulica. Nelle odi successive si chiarisce ulteriormente la concezione di una poesia tesa a interpretare i fermenti più vivi della civiltà illuministica lombarda: dall'invenzione, nella medicina, del vaccino antivaioloso (L'innesto del vaiuolo) all'applicazione, nell'amministrazione della giustizia, del metodo preventivo (Il bisogno), dall'introduzione, nell'educazione, dell'esercizio delle virtù civiche e umane (L'educazione) al biasimo dell'incivile usanza dell'evirazione (La musica). La folta presenza di immagini attinte dalla realtà sensoriale determina però in queste odi un'espressione dura, quasi prosastica: nasce di qui l'esigenza di fondere più armonicamente l'impegno illuministico con la componente classicistica, passando dal tono più scopertamente aggressivo delle prime odi a quello ironico-satirico del Giorno. Alla base della tensione etica che trova realizzazione nelle prime due parti del poema, il Mattino (1763) e il Mezzogiorno (1765), non si deve ricercare un ripudio rivoluzionario della nobiltà come classe dominante, ma l'esigenza riformistica che essa ritorni a una funzione laboriosa e civile, abbandonando il suo atteggiamento ozioso e parassitario. Al vuoto spirituale del “giovin signore” Parini contrappone infatti il passato dell'aristocrazia, che, nella rozza energia e nell'impeto bellicoso con cui garantiva sicurezza alla classe contadina, si riscattava in parte dalle sue origini di oppressione e di violenza. Maggiore evidenza acquista tuttavia il contrasto tra il “bel mondo” infrollito negli interni decorati e artificiosi dei palazzi nobiliari, e la sana e laboriosa vita del popolo, sullo sfondo di ariosi e nitidi paesaggi campestri. Eppure, Parini avverte il fascino del mondo aristocratico (in coerenza, del resto, con la sua posizione ideologica, volta non alla distruzione ma alla riforma della nobiltà) e lo rispecchia con un gusto minuzioso e prezioso, che corrisponde, nelle arti figurative, al rococò. Accanto a questa componente di gusto, evidente nella compiaciuta descrizione di sale dorate e di oggetti preziosi, sono fondamentali, e più centrali, le componenti sensistica e classicistica: la prima si rivela nella concreta e prensile descrizione di cose e di azioni, mentre la seconda è lo strumento necessario per nobilitare quella materia sensoriale mediante il soccorso di una solenne e aulica tradizione.

Le opere: l'influenza del neoclassicismo

Una svolta nella poetica pariniana è segnata dall'influsso del nuovo gusto neoclassico che induce Parini ad abbandonare l'aggressività delle prime odi e il tono ironico-satirico delle prime due parti del Giorno per procedere verso una concezione equilibrata e armonica di derivazione winckelmanniana. Un tono più distaccato e sereno caratterizza infatti le odi composte dopo il 1770 (La laurea, La recita dei versi, In morte del maestro Sacchini, La magistratura, La gratitudine) e si ritrova anche nella festa teatrale Ascanio in Alba, rappresentata a Milano nel 1771 con la musica di W. A. Mozart, anche se Parini non ha affatto rinunciato ai suoi ideali civili, come dimostra La caduta, espressione di un'alta moralità e celebrazione dell'esemplare figura del “buon cittadino”. Anche nelle ultime parti del Giorno si attenua l'impegno militante di Parini, in un momento storico che vede il fallimento delle riforme illuministiche e l'approssimarsi della Rivoluzione francese: ormai svanita la prospettiva di un rinnovamento della nobiltà, che sta per essere sostituita dalla borghesia rivoluzionaria, Parini smorza la sua polemica e si rifugia nell'ideale neoclassico, la cui suprema armonia si contrappone alle disarmonie della storia. Ne deriva, nel Vespro, e ancor più nella Notte, il disacerbarsi del tono satirico a vantaggio di una rappresentazione più varia e mossa di un'intera società, che raggiunge il suo culmine nella grandiosa sfilata dei maniaci aristocratici. Allo squallido tramonto di una classe sociale, che precipita nella più volgare corruzione, Parini cerca un compenso nella zona intatta di un'autentica aristocrazia dello spirito: è il momento delle grandi odi neoclassiche, come Il pericolo, Il dono e soprattutto Il messaggio, in cui il motivo galante e amoroso è il pretesto per una commossa contemplazione della bellezza, velata dal malinconico presentimento della morte. Accanto al Messaggio, la più alta espressione del neoclassicismo di Parini è nelle due grandi odi del 1795: A Silvia (Sul vestire alla ghigliottina), dove la rievocazione del disfacimento della tarda società romana oltrepassa il gusto archeologico tipico dell'età neoclassica per dar luogo a un reciso rifiuto del “secolo spietato” che ha inventato la ghigliottina, e Alla Musa, luminosa celebrazione della poesia come sintesi di ogni umana saggezza. In questa dimensione etica, nella conquista di un pieno equilibrio interiore, è la novità della figura di Parini, che apparirà agli uomini del Risorgimento, a partire da Foscolo, il simbolo della nuova letteratura, per aver saputo innestare nella forma classica gli ideali morali del popolo italiano.

A. Chiari, Sulle odi di Giuseppe Parini, Milano, 1943; P. Pancrazi, Nel giardino di Candido, Firenze, 1950; L. Caretti, Parini e la critica, Firenze, 1953; G. Petronio, Parini, Storia e antologia della critica, Palermo, 1957; G. Bonalumi, Parini e la satira, Bologna, 1958; W. Binni, Classicismo e neoclassicismo nella letteratura del Settecento, Firenze, 1963; W. Binni, in Storia della letteratura italiana, Milano, 1968; S. Antonielli, Parini, Firenze, 1973; E. Bonora, in Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, 1973; N. Jonard, Introduzione a Parini, Bari, 1988.

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