Descrizione generale

sm. [sec. XIX; dal greco plêion, più+-cene]. Periodo geologico del Cenozoico di cui costituisce la parte superiore. Il Pliocene è il più breve dei periodi cenozoici: il suo limite superiore è posto tra 3 e 1 milione di anni, l'inferiore intorno ai 7 milioni; la sua durata è quindi calcolata tra 6 e 4 milioni di anni. Fu definito nel 1853 da C. Lyell e significa letteralmente “più recente” in relazione ai caratteri decisamente moderni della sua fauna e ai lineamenti paleogeografici sostanzialmente corrispondenti agli attuali. Il Pliocene è ben rappresentato nell'Europa meridionale (regione mediterranea) dove inizia con un'imponente trasgressione e termina con una regressione, costituendo così un ciclo sedimentario completo. Nella Paratetide il Pliocene si presenta con facies di tipo salmastro e continentale; nel resto dell'Europa il Pliocene marino è scarsamente rappresentato o manca completamente, mentre è presente in facies continentali. Il Pliocene è stato suddiviso facendo riferimento alle serie marine dei depositi sedimentari italiani (bacino piemontese e bacino subappenninico) in tre piani: Tabianiano, Piacenziano e Astiano, corrispondenti rispettivamente al Pliocene inferiore, medio e superiore. Il limite Miocene-Pliocene (Tabianiano) è nettamente delineato perché è segnato da depositi trasgressivi, costituiti da argille marnose azzurre, che ricoprono i terreni regressivi del Messiniano; al Tabianiano segue in continuità stratigrafica il Piacenziano, cui corrisponde l'estensione massima della trasgressione pliocenica, costituito da potenti depositi di marne e argille grigio-azzurre, ricche di fossili, che diventano sabbiose verso la sommità del piano; sopra il Piacenziano è posto l'Astiano che chiude il ciclo sedimentario ed è costituito da sabbie gialle regressive. Il limite Pliocene-Pleistocene (Quaternario) non è però ben definito, perché in alcune località si trovano, sopra l'Astiano, depositi sabbiosi-conglomeratici di tipo continentale contenenti fauna attribuibile sicuramente al Villafranchiano, la cui definizione e collocazione cronostratigrafica è tuttora oggetto di discussione.

Orogenesi

L'attività endogena è meno intensa che nel precedente periodo, anche se localmente riveste notevole importanza come nel Massiccio Centrale francese (Cantal, Mont-Dore), dove continuano le manifestazioni vulcaniche iniziatesi nel Miocene, e nell'Italia meridionale nella zona flegrea. Anche l'attività orogenetica diminuisce, tuttavia non mancano fasi intense di sollevamento e imponenti dislocazioni di tipo gravitativo, specie verso la fine del periodo, nella regione appenninica; importanti episodi tettonici si registrano nell'Himalaya, nell'Atlante, nelle Montagne Rocciose.

Fauna

La fauna marina pliocenica è molto ricca di Briozoi e Molluschi, soprattutto Bivalvi e Gasteropodi. Molto rappresentati sono i Foraminiferi planctonici: compaiono per la prima volta Globorotalia puncticulata e Globorotalia inflata (Pliocene inferiore), e Globorotalia truncatulinoides (tra Pliocene medio e superiore), mentre Globorotalia hirsuta è presente solo fino al Pliocene medio. Complessivamente, rispetto al Miocene, la fauna marina registra la scomparsa di numerose forme, mentre poche sono le specie nuove. Per quanto riguarda la fauna continentale persistono alcuni Mastodonti (Mastodon e Ambelodon), i Dinoteri assumono dimensioni gigantesche e grande sviluppo hanno i Felidi; fanno la loro comparsa sul finire del periodo gli elefanti e i Bovidi. Caratteristica di questo periodo è una serie di imponenti migrazioni che portano importanti gruppi faunistici dall'America nel continente eurasiatico e viceversa, attraverso lo stretto di Bering. Ne sono esempi la presenza in Europa dei cavalli monodattili del genere Equus, derivati dal Pliohippus americano, e il cammino inverso percorso dai Macairodonti, felidi dagli sviluppatissimi canini, che si spostano in America. Di particolare importanza per il problema dell'ominazione è poi la comparsa nel Pliocene di forme umanoidi più arcaiche delle Australopitecine.

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