Poincaré, Raymond

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uomo politico francese (Bar-le-Duc 1860-Parigi 1934), cugino di Jules-Henri. Avvocato, si avviò alla politica militando nell'Unione delle sinistre, ma coltivando nel contempo la professione forense: il che lo costrinse, per qualche tempo, a limitare la sua partecipazione al governo, al quale era naturalmente portato (nel quadro politico del momento) dalle sue doti personali e dalla collocazione politica sostanzialmente moderata. Deputato dal 1887 al 1903, tra il 1893 e il 1895 fu ministro alla Pubblica Istruzione e alle Finanze. Senatore (1903-13), nel 1906 riprese il portafoglio delle Finanze nel governo Sarrien. Sei anni dopo (1912) divenne presidente del Consiglio, a capo di un governo di centro. Era un momento estremamente delicato: la crisi dell'Europa stava divenendo drammatica e Poincaré era convinto che una delle cause principali fosse la politica militarista della Germania e che occorreva “prepararsi”. Rafforzò l'esercito, la marina, cercò di rinsaldare (anche con aiuti finanziari) i legami con gli Alleati dell'Intesa (primo viaggio in Russia, 1912). Nel gennaio 1913 fu eletto alla presidenza della Repubblica. Era di nuovo in Russia con Viviani (16-23 luglio 1914) quando l'Austria lanciò il fatale ultimatum alla Serbia che doveva dare l'avvio alla I guerra mondiale. Rientrato in Francia, Poincaré si dedicò interamente alla lotta contro la Germania. E, nonostante antichi dissapori, non esitò a chiamare al governo (1917) Clemenceau come il solo uomo capace di vincere la guerra, appoggiandone le direttive e le scelte. Protestò tuttavia all'atto dell'armistizio che gli sembrò prematuro: avrebbe voluto che le armate francesi occupassero, prima, la Renania. Scaduto il mandato, fu a capo della Commissione per le riparazioni di guerra (1920) ma se ne allontanò reputandola troppo condiscendente verso i Tedeschi per i quali reclamava una linea intransigente. Fece cadere Briand, troppo “morbido”, e riprese il governo (1922) tenendosi anche il portafoglio degli Esteri. Sempre diffidente nei confronti dei Tedeschi, non esitò a occupare la Ruhr (gennaio 1923) tentando anche di dare spazio alle locali tendenze separatiste. Erano anni difficili e in Francia apparivano i sintomi di una grave crisi finanziaria: la sua politica risoluta e dura non trovò l'appoggio degli Alleati e sotto la duplice spinta delle pressioni diplomatiche e della congiuntura economica Poincaré fu costretto ad accettare il piano Dawes per il risanamento delle finanze tedesche e a far votare nuove imposte proprio alla vigilia delle elezioni. Il cartello delle sinistre vinse largamente e Poincaré diede le dimissioni (giugno 1924). Ma il precipitare della crisi determinò nell'opinione pubblica e nel Parlamento un largo schieramento a suo favore e Poincaré (luglio 1926) ritornò al governo a capo di un gabinetto di Unione nazionale. Ottenuti i pieni poteri, avviò una serie di provvedimenti che in breve riportarono la situazione alla normalità (1928). Il ritiro dei radicali dalla maggioranza lo portò a formare un nuovo governo appoggiato dai conservatori (novembre 1928): poco dopo una grave infermità (luglio 1929) lo costrinse a dimettersi. Si ritirò a vita privata dedicandosi alle proprie memorie: Au service de la France (10 vol., 1926 e seguenti).

Bibliografia

G. Suarez, Clemenceau et Poincaré, Parigi, 1930; H. Girard, Raymond Poincaré, Parigi, 1935; S. Fleury, Vie de Raymond Poincaré, Parigi, 1968.

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