Clémenceau, Georges

uomo politico francese (Mouilleron-en-Pareds, Vandea, 1841-Parigi 1929). Sindaco di Montmartre dopo la disfatta di Sedan (1º settembre 1870), fu eletto deputato della Senna nel 1871 e si schierò all'estrema sinistra. Dimessosi durante la Comune, fu poi consigliere municipale, presidente del Consiglio Municipale (1875) e deputato del XVIII arrondissement (1876). Chiese allora la soppressione dello stato d'assedio, l'istruzione obbligatoria e laica, la separazione della Chiesa dallo Stato e votò la legge d'amnistia. Rieletto nel 1877 si separò dagli “opportunisti” schierandosi decisamente con la sinistra e contribuendo con la sua tenace opposizione alla caduta di Gambetta (1882) e di J. Ferry (1885). Nel 1881, a sostegno della sua politica, aveva fondato il giornale La Justice. Nel 1886 sostenne per breve tempo il generale Boulanger, del quale fu poi temibile e deciso avversario. Rieletto nel 1889, allo scoppio dello scandalo di Panamá fu accusato e messo in disparte, quindi battuto alle elezioni del 1893 dal cattolico Jourdan. Si dedicò allora esclusivamente al suo giornale La Justice e nel 1897 entrò a far parte del giornale L'Aurore dalle cui pagine in un primo tempo accusò Dreyfus, per divenire poi uno dei suoi più accesi difensori (fu lui a dare al famoso articolo di Zola il titolo J'accuse). Nel 1900 abbandonò L'Aurore e creò il settimanale Le Bloc, nel quale attaccò la politica di Waldeck-Rousseau. Senatore dal 1902, fu in contrasto con Combes e con Jaurès (marzo 1906) a causa degli scioperi del nord. Presidente del Consiglio nell'ottobre 1906 (fino al 1909), tentò di realizzare il suo programma di “giustizia sociale” in un periodo di intensa agitazione sul piano economico-sociale (scioperi in tutto il Paese e urti con la CGT). Nel 1913 fondò il giornale L'Homme libre (divenuto nel 1914, dopo l'istituzione della censura, L'Homme enchaîné) dal quale attaccò i generali e criticò la condotta delle operazioni. Nel 1917, in un momento di grave crisi sia sul fronte sia nel Paese, venne chiamato da Poincaré alla presidenza del Consiglio: combatté l'atteggiamento filogermanico di Caillaux e ottenne la nomina di Foch a generalissimo, lottò contro il disfattismo e rianimò la combattività delle truppe, meritando, per il suo accanimento e il suo successo finale, di venire chiamato “Tigre” o “Padre Vittoria”. Presidente della conferenza della pace (18 gennaio 1919), lavorò con Wilson e Lloyd George e firmò il trattato di pace (28 giugno 1919). Dopo lo scacco della sua candidatura alla presidenza della Repubblica (11 gennaio 1920) si ritirò dalla vita politica.

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