Qaddāfi, Mu'ammar

uomo politico libico (Sirte 1942-2011). Uscito nel 1965 dall'Accademia militare, si specializzò poi in Gran Bretagna. Tornato in patria, il 1º settembre 1969 con un gruppo di giovani ufficiali rovesciava la monarchia di Idrīs as-Sanūsī instaurando un regime repubblicano progressista gestito da un Consiglio della Rivoluzione. Eletto nel gennaio 1970 capo dello Stato, inaugurò una politica imperniata sulla lotta al neocolonialismo e al sionismo. Fu al centro di iniziative quali l'espulsione e la confisca dei beni della comunità italiana (1970) e le unioni tra Egitto e Libia (1972) e tra Libia e Tunisia (1974), entrambe rimaste inoperanti. Qaddāfi si mosse sulla linea di intransigenza sulla questione palestinese rompendo con l'Egitto e sviluppò una politica di influenza in Africa, particolarmente nel Ciad. Caratterizzata da una forte carica aggressiva, la politica di Qaddāfi si offrì anche come sponda al terrorismo internazionale. L'acuta tensione che si determinò con gli Stati Uniti portò questi ultimi a un attacco diretto con il bombardamento del suo quartier generale a Tripoli (1986) dal quale Qaddāfi riuscì fortunosamente a salvarsi. Isolato internazionalmente, Qaddāfi inaugurò una linea più moderata riallacciando fra l'altro i rapporti con l'Egitto e la Tunisia (1989), ma proprio quando questa politica sembrava mostrare i suoi frutti egli venne accusato (1991) di essere il mandante della strage di Lokerbie (1988), dove perdevano la vita 270 persone per l'esplosione di un Boeing 747. Il rifiuto di Qaddāfi di consegnare i presunti autori materiali della strage alla magistratura britannica determinò un nuovo isolamento internazionale della Libia. L'inasprimento delle sanzioni contro il Paese, con il blocco dei depositi bancari esteri non legati alla vendita del petrolio (1993), aggravò la posizione di Qaddāfi, che per ricompattare la società libica, facendo leva sulla sua religiosità, decretò l'istituzione del calendario lunare musulmano e l'applicazione della legge islamica (shariʽah) anche in campo penale (1994). Pur mantenendo il rifiuto all'estradizione dei due agenti libici, Qaddāfi cercò di migliorare i rapporti in ambito regionale restituendo (1994) al Ciad i territori annessi unilateralmente nel 1973, ma non rinunciò a saggiare la reattività internazionale violando l'embargo aereo sia in occasione del pellegrinaggio alla Mecca (1995) sia per partecipare al vertice della Lega araba (Cairo 1996). Il primo segnale internazionale distensivo nei confronti di Qaddāfi venne dal riallacciamento delle relazioni diplomatiche con il Vaticano (marzo 1997). Su questa strada il leader libico rilanciò, con il suo viaggio in Niger e Nigeria del maggio 1997, il ritorno a tutto campo dell'attività diplomatica della Libia e soprattutto l'inizio del disgelo con l'Occidente: alla normalizzazione delle relazioni con l'Italia (1998 e 2001), Qaddāfi fece seguire nell'aprile 1999 la consegna al tribunale internazionale dell'Aia dei due sospetti responsabili dell'attentato di Lockerbie, ottenendo in cambio l'immediata sospensione dell'embargo. La fine dell'isolamento, il reinserimento libico nel consesso dei Paesi africani (per sua iniziativa veniva firmato, nel 2001, il trattato costitutivo di un nuovo organismo destinato a sostituire l'OUA), le aperture politiche e commerciali con l'Europa permisero a Qaddāfi un sostanziale rafforzamento d'immagine che, all'inizio del 2000, lo portò a una riforma in senso federalista dello Stato, ridimensionando radicalmente il potere esecutivo e trasferendo molte delle competenze dei dicasteri centrali alle province e ai comuni. Nel 2009 venne eletto segretario generale dell'Unione Africana. Nel febbraio del 2011, in seguito alle manifestazioni popolari della Tunisia, dell'Egitto e di altri paesi, si scatenarono violenti scontri, soprattutto nella parte est del Paese, repressi duramente dall'esercito. In seguito alle risoluzioni Onu (n° 1970 e 1973), venne formata una coalizione militare internazionale, che in soccorso alle forze ribelli, riuscì a rovesciare il governo di Qaddāfi (20 settembre). Nonostante la notevole resistenza delle forze lealiste e dello stesso Qaddāfi, che riuscì a fuggire e a organizzare una resistenza, il 20 ottobre venne catturato e giustiziato da soldati fedeli al nuovo governo.