Ray, Satyajit

regista cinematografico indiano (Calcutta 1921-1992). Appartenente a una famiglia di letterati e pittori, educato nell'Università retta fino alla morte (1941) da R. Tagore, grafico e illustratore anticonformista del romanzo Pather Panchali di B. B. Banerji che avrebbe portato sullo schermo nella cosiddetta “trilogia di Apu”, si dedicò al cinema influenzato anche da modelli occidentali. Con il suo primo film, e primo della trilogia, Pather Panchali (1955; Il lamento del sentiero), conquistò Cannes; con il secondo, Aparajito o L'invitto (l'unico uscito in Italia), vinse nel 1957 il Leone d'oro a Venezia. L'anno dopo realizzò un altro capolavoro in Jalsaghar (La sala da musica), prima di terminare nel 1959 il trittico con Il mondo di Apu. Infanzia, adolescenza, università della vita del protagonista del romanzo, opportunamente sfrondato e attualizzato, sono immesse nel tessuto del Bengala moderno, tra vita e morte, campagna e città, tradizione e progresso, misticismo e scienza. Eccetto alcuni parlati in hindī (I giocatori di scacchi, 1977; Liberazione, 1981), tutti i film di Ray sono in lingua bengali e negati al pubblico del resto dell'India, mentre in tutto il mondo egli è l'alfiere del cinema indiano. Dal 1961 fu anche costantemente autore delle musiche dei suoi film. Frequenti i suoi omaggi al maestro Tagore a partire da Devi (1960; La dea), sulla superstizione religiosa, poi nel 1961 con l'elevato documentario Rabindranath Tagore e con il film a episodi Tre figlie, infine con Charulata (1964; La donna sola), ambientato nella Calcutta dell'Ottocento e che con il precedente Mahanagar (1963; La metropoli) costituisce un dittico sulla coppia matrimoniale in città, premiato a Berlino. Meno significativi altri titoli, come Il vile e il santo (1965), giunto alla Mostra di Venezia, che fecero parlare d'una crisi. Ma nel 1968 il regista trasse da una favola scritta da suo nonno un film che lo rilanciò: Le avventure di Gupi e Bagha, cui seguirono tre opere proiettate a Verona, in occasione di un omaggio resogli dalla città veneta, nel 1981: Giorni e notti nella foresta (1970), L'avversario (1971), Società per azioni (1972), notevoli anche per la carica di realismo e di denuncia in un cineasta solitamente ritenuto lirico. Nel 1973 vinse di nuovo al Festival di Berlino con Ashani Sanket (Tuoni lontani), suo secondo film a colori: dedicato alla carestia nel Bengala all'epoca della II guerra mondiale, segnò il ritorno ai temi della campagna. Dopo La fortezza d'oro (1974), interamente finanziato dal governo bengalese, e L'intermediario (1975), in bianco e nero, sulla corruzione dei costumi nella moderna Calcutta, Ray girò nel 1977 I giocatori di scacchi, apologo storico ambientato a metà dell'Ottocento. Tra i film successivi ricordiamo L'elefante d'oro (1978), Il regno dei diamanti (1979-80), Pikoo (1980), Liberazione (1981), La casa e il mondo (1984) e Lo straniero, presentato a Venezia nel 1991. A riconoscimento della sua lunga carriera, nel 1992 gli fu assegnato l'Oscar.

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