TCDD

in tossicologia, simbolo con cui viene comunemente (anche se impropriamente) indicato un composto organico, la 2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-para-diossina, o diossina, che si forma a elevate temperature durante i processi di sintesi industriale di alcuni fenolialogenati, come l'esaclorofenolo o il triclorofenolo, adoperati come antiparassitari o diserbanti. Il TCDD può anche essere generato dalla combustione di vegetali irrorati con tali prodotti; è poi accertata la possibilità che si produca TCDD nei forni di incenerimento dei rifiuti solidi, quando si bruciano sostanze organiche contenenti cloro (materie plastiche, in particolare PVC) e composti fenolici. Con il suo omologo, esacloro-dibenzodiossina, rappresenta il composto più tossico della serie dei cloroderivati della dibenzodiossina; la dose letale media (DL50) è stata calcolata nella misura di 0,006 mg per chilo di peso corporeo nella cavia e di 0,115 mg/kg nel coniglio. Mentre nell'animale di laboratorio la diossina produce effetti letali dopo settimane e persino mesi dall'esposizione a una singola dose, in alcune specie di pesci, per esempio il salmone, risulta il più delle volte letale in seguito a contatto per 24 ore. Quanto all'uomo, nonostante la vasta eco suscitata negli ambienti scientifici internazionali dalla disastrosa fuoruscita di gas, contenente diossina in altissima quantità, verificatasi a Seveso nel luglio 1976, non è possibile definire, al momento attuale, le concentrazioni massime tollerabili e i limiti di pericolosità della contaminazione. In genere, si considera contaminato un terreno o un qualsiasi materiale in cui la diossina sia contenuta in quantità superiori a 0,01 parti per milione. La sintomatologia dell'intossicazione acuta da TCDD non sembra differire da quella dei fenoli clorurati: stanchezza, anoressia, nausea, disturbi gastroenterici, ipotensione, alterazioni a carico del sistema nervoso centrale, disturbi del ritmo cardiaco. Caratteristica appare invece la tossicità della diossina a concentrazioni subletali: comuni sono la eloracne, l'ipertricosi, l'alopecia, i disturbi della funzionalità epatica e renale, le alterazioni dell'udito e della sensibilità olfattiva, le neuriti periferiche, le disfunzioni tiroidee, la diminuzione della libido e della capacità riproduttiva, l'aumento degli aborti spontanei. Non vi sono dubbi, inoltre, che la diossina rappresenti il più potente veleno teratogeno conosciuto. La capacità di provocare malformazioni neonatali, per lo più al palato, al cervello, al fegato e al rene, è stata osservata in diverse specie animali. La terapia dell'intossicazione acuta da diossina si basa su provvedimenti di carattere sintomatico e sull'eliminazione intestinale del tossico. Molte incertezze rimangono circa i metodi e le possibilità di decontaminazione ambientale.

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