TX active

Il cemento fotocatalitico (comunemente ed erroneamente detto "cemento mangia smog") è stato brevettato nel 1996 da Luigi Cassar, direttore centrale del settore Ricerca e Sviluppo di Italcementi. L’innovativo prodotto è stato realizzato introducendo nella composizione del cemento il biossido di titanio, che ha la capacità di attivare le molecole di ossigeno presenti nell’aria. Innesca quindi un processo di fotocatalisi, capace di accelerare il processo di ossidazione che avviene naturalmente, grazie al quale l’ossigeno decompone i contaminanti e li trasforma in nitrati e carbonati, ovvero in sostanze che vengono facilmente lavate dall’acqua piovana. Il processo di fotocatalisi avviene sulla superfice e non all’interno del cemento, motivo per cui è da ritenersi impropria la definizione di cemento mangiasmog. Il materiale ha una bassa porosità ed è idrorepellente; questo fa sì che la pioggia riesca facilmente a lavarlo eliminandone le impurità. Il TX active è stato testato negli Stati Uniti su strade particolarmente inquinate; in Europa in un tunnel di Bruxelles e in Italia sulle strade di Segrate (Milano) dimostrando una riduzione del 60% degli ossidi di azoto in atmosfera. Il cemento fotocatalitico è stato impiegato anche per la realizzazione delle facciate di alcuni edifici. Per Expo 2015 lo studio Nemesi&Partners ha progettato Palazzo Italia, una complessa struttura che richiamava le forme di una foresta ramificata la cui facciata è stata realizzata con un nuovo materiale derivato dal cemento fotocatalitico: il cemento biodinamico, il cui principio attivo consente di catturare alcuni inquinanti presenti nell’aria e la cui dinamicità consente una lavorazione anche in forme complesse. Meno riuscito è il progetto di Richard Maier della chiesa Dives in Misericordia di Roma, le cui vele realizzate in TX Millennium al titanio, mescolato a marmo di Carrara, vede il biancore iniziale ormai compromesso dall’inquinamento. Il cemento fotocatalitico rimane ad oggi troppo costoso (più di 1000 euro a tonnellata) perché possa essere usato su larga scala, sebbene sia rilevante osservare che, se una città come Milano lo usasse sul 15% delle facciate dei suoi edifici, ridurrebbe del 50% l’inquinamento urbano.

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