Vega Carpio, Lope Felix de-

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Biografia

Autore teatrale, poeta e narratore spagnolo (Madrid 1562-1635). Ricevette un'educazione cristiana presso i gesuiti e all'Università di Alcalá de Henares. “Servì”, sempre a modo suo, Jerónimo Manrique, vescovo di Ávila, poi (dal 1590) il duca d'Alba e infine il duca di Sessa, di cui fu segretario-corrispondente e mezzano. Cominciò presto a scandalizzare la corte dell'austero Filippo II e tutta la meno austera Madrid con le sue avventure amorose e d'altro genere. Poco più che ventenne fu coinvolto in uno scandaloso processo per diffamazione e ne riportò una condanna a otto anni di esilio. Ma rientrò subito a Madrid, per rapire Isabel de Urbina (Belisa), poi sua prima moglie. Dopo aver partecipato alla disastrosa spedizione dell'Invincibile Armata, si stabilì a Valencia (1589); ma l'anno dopo era al servizio del duca d'Alba, ad Alba de Tormes, dove perdette la moglie (1595). Ritornato a Madrid, dove fece scoppiare un altro scandalo per i suoi amori con un'attrice maritata, Micaela Luján (la Camila Lucinda di molti e appassionati suoi versi), si risposò nel 1598 con Juana de Guardo, figlia di un ricco commerciante, ma ciò non gli impedì di vivere con l'amante a Toledo e a Siviglia, né di avere figli sia da Micaela, sia da Juana. Mortagli la seconda moglie (1613), si fece prete (1614). Quattro anni dopo conobbe Marta de Nevares (Amarilis, nella sua poesia), l'ultimo grande, e il più tormentoso, amore della sua vita, che divenne cieca e morì folle nel 1632, dopo avergli dato due figli. Angustiato dai rimorsi e da gravi dolori, trascorse gli ultimi anni al servizio del duca di Sessa sempre dedito al teatro e alle lettere, sfogo e conforto di un'esistenza intensamente vissuta, goduta e sofferta.

Opere

Ciò che più meraviglia in Vega Carpio è la sua stupefacente vitalità, la sua enorme produzione poetica, nel corso di una vita tanto tumultuosa. Le commedie pervenuteci sono ca. cinquecento (ma Vega Carpio parla di millecinquecento), tra cui alcune di dubbia attribuzione. A queste si aggiungono innumerevoli liriche (di soli sonetti, più di tremila), tredici poemi (alcuni molto lunghi), due romanzi pastorali e uno di avventure, varie novelle, alcuni Soliloquios (1612 e 1626) ascetici e l'“azione in prosa” La Dorotea (1632). Le liriche (autobiografiche, sentimentali, galanti, satirico-burlesche e anche religiose come quelle delle Rimas humanas, 1602, delle Rimas sacras, 1614, e dei Triunfos divinos, 1625) basterebbero da sole a dare a Vega Carpio un posto di primo piano nella storia della poesia spagnola. Fra i romanzi il più bello è certamente Los pastores de Belén (1612) sorta di “presepio napoletano” mirabilmente vivido e colorito; ma anche il romanzo pastorale La Arcadia (1598), “travestimento” di vicende viste o vissute ad Alba de Tormes, e l'avventuroso e complicato El peregrino en su patria (1604) presentano parti sempre godibili, non meno che le Novelas a Marcia Leonarda (1621-24), spesso realistiche e con punte picaresche. Indubbiamente Vega Carpio scrisse più agevolmente in versi che in prosa, come confermano i poemi, specie i tre mitologici Andrómeda (1621), Filomena (1621), Circe (1624), il “burlesco” La Gatomaquia (1634), spassosa storia di gatti innamorati e gelosi, l'agiograficoIsidro (1599) e il satirico-didattico Arte nuevo de hacer comedias en este tiempo (1609). I poemi più lunghi e impegnativi – l'ariostesco La hermosura de Angélica (1602), il tassesco La Jerusalén conquistada (1609), La Dragontea (1598), sul pirata Drake, Corona trágica (1627), su Maria Stuart – si leggono con una certa fatica, anche se sono ravvivati da elementi fantastici e colpiscono per l'eleganza e la musicalità dell'espressione. Tuttavia il prodigioso ingegno di Vega Carpio si manifesta soprattutto nel teatro. Per ordinare in qualche modo l'esuberante produzione, la critica ha cercato di distinguere tematicamente le commedie lopiane, ma in realtà tutto serviva a Lope per fare del teatro – fonti letterarie (era, evidentemente, un lettore assiduo e coltissimo), ricordi personali, invenzioni e fantasie proprie e altrui – e quel che più importa, tutto diventava teatro nelle sue mani espertissime, mai inceppate dalla precettistica. Conosceva bene le celebri regole aristoteliche, ma più forte era per lui l'unica regola del teatro: quella di piacere al pubblico, di cui conosceva tutti i gusti e le debolezze. Inutile quindi è pretendere da lui quello che non poté o non volle dare: psicologie profonde, dimensioni tragiche, problematica morale, impegno sociale o politico. Vega Carpio accettò le idee-base del suo tempo: cattolicesimo, monarchia, trionfalismo ispanico, rispetto della nobiltà. I suoi capolavori sono molti, anche se non tutti ripresi nei repertori attuali. Celebri ovunque Fuente Ovejuna, El caballero de Olmedo (Il cavaliere di Olmedo), El perro del hortelano (Il cane dell'ortolano), Peribáñez y el Comendador de Ocaña (Peribáñez e il Commendatore d'Ocaña), La dama boba (La ragazza sciocca), El villano en su rincón (Il villano nel suo angolo), El mejor alcalde el Rey (Il miglior giudice è il re). Ma diverse altre commedie potrebbero essere riportate sulle scene con successo: dalle religiose quali Lo fingido verdadero (Dafinzione a realtà), La buena guardia, La fianza satisfecha (La fiducia soddisfatta), El cardenal de Belén, alle pastorali come La Arcadia e Belardo el furioso, da quelle di argomento storico come El castigo sin venganza (Il castigo senza vendetta), El casamiento en la muerte (Il matrimonio nella morte), El rey don Pedro en Madrid, Los Comendadores de Córdoba, a quelle “popolari” e di costume quali La moza de cántaro (La ragazza della brocca), Santiago el Verde, El acero de Madrid (L'acciaio di Madrid), La hermosa fea (La bella brutta), fino ai più semplici autos pastorali e natalizi. Forse la miglior definizione critica di Lope resta quella datane da Cervantes: el Monstruo de la Naturaleza (il Fenomeno della Natura).

Bibliografia

E. Müller-Bodrat, Lope de Vega und die italienische Dichtung, Mainz, 1956; A. Zamora Vicente, Lope de Vega, Madrid, 1961; J. de José Prases, Teoría sobre los personajes de la Comedia Nueva, Madrid, 1963; J. H. Parker, A. M. Fox, Lope de Vega. Studies 1937-1962. A Critical Survey and Annotated Bibliography, Toronto, 1964; F. Lázaro, Lope de Vega. Introducción a su vida y obra, Salamanca, 1966; Autori Vari, El teatro de Lope de Vega, Buenos Aires, 1967; C. Rico-Avelo, Lope de Vega, Madrid, 1973; E. Orozco, Lope y Góngora frente a frente, Madrid, 1975; J. M. Pacheco, El pensamiento de Lope de Vega, Madrid, 1982.

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