ansiolìtico

agg. e sm. (pl. m. -ci) [sec. XX; da ansia+greco lytikós, che scioglie]. Sostanza psicodeprimente con effetti sedativi e antiansia relativamente specifici, non accompagnati, cioè, da ipnosi, analgesia o narcosi. È usato nelle terapie delle malattie nervose e viene detto anche farmaco antiansioso. I farmaci usati in terapia come ansiolitici vengono denominati anche tranquillanti o psicolettici, essendo l'effetto antiansioso solo una delle molteplici azioni che essi esercitano sul sistema nervoso centrale. Vengono solitamente divisi in rilassanti muscolari centrali sedativi e benzodiazepine. I primi presentano attività sedativa oltre a un'attività miorilassante e comprendono mefenesina, una serie di carbammati, e farmaci di diversa natura come il fenaglicodolo e il clormezanone. La seconda classe di ansiolitici è costituita dalle benzodiazepine che, a partire dagli ultimi decenni del sec. XX, sono diventati gli ansiolitici più usati; le benzodiazepine privilegiano l'azione sedativa rispetto a quella miorilassante. Gli ansiolitici possono dare una dipendenza psichica, che può portare ad abuso periodico o continuo oppure a dipendenza fisica. Nei pazienti predisposti, la dipendenza psicologica dal farmaco si può sviluppare rapidamente, tanto che già dopo qualche settimana di assunzione i tentativi di interruzione della loro somministrazione aggravano l'insonnia e producono agitazione, incubi, risvegli frequenti e stati di tensione nelle prime ore della mattinata. Il livello di dipendenza fisica è tuttavia in relazione alla dose e alla durata della terapia. Gli ansiolitici sono usati anche per indurre il sonno. Le benzodiazepine ad azione lenta sono utili per esempio nell'insonnia incipiente, quelle ad azione intermedia nell'insonnia da insufficiente mantenimento del sonno, quelle a lunga azione possono risultare d'aiuto per il risveglio mattutino precoce, ma alterano più frequentemente la funzionalità diurna, soprattutto negli anziani. In quest'ultimi l'impiego degli ansiolitici è spesso problematico: le benzodiazepine a durata d'azione più prolungata devono essere evitate perché il rischio di accumulo e di tossicità aumenta, causando sonnolenza, riduzione delle capacità mnemoniche e compromissione dell'equilibrio. Il trattamento dell'ansia o dell'insonnia negli anziani deve essere pertanto di durata limitata, perché possono svilupparsi tolleranza e dipendenza. La sospensione può provocare insonnia e ansia da rimbalzo. Le benzodiazepine sono utilizzate anche per gli avvelenamenti causati da sostanze che provocano una stimolazione del sistema nervoso centrale, come per esempio nell'avvelenamento da amfetamina pura.

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