antiscialagògo

agg. e sm. (pl. m. -ghi) [anti-2+scialagogo]. Farmaco capace di ridurre o di inibire la secrezione delle ghiandole salivari. Le sostanze antiscialagoghe trovano impiego sintomatico in varie situazioni patologiche (parkinsonismo postencefalico, forme irritative della mucosa orale, ecc.) caratterizzate da fenomeni di iperattività delle ghiandole salivari, quali ipercrinia salivare, aptialismo, scialorrea. Gli antiscialagoghi sono inoltre utilizzati nell'ambito della medicazione preoperatoria, specie in preparazione di interventi sul cavo orale o nella preanestesia generale per evitare le conseguenze del prolungato deflusso di saliva nella laringe (per esempio edema della glottide). Tra i principali farmaci antiscialagoghi figurano: i protettivi della mucosa orale (anestetici locali, mucillagini, soluzioni gommose), che hanno la proprietà di attenuare le risposte salivatorie riflesse poiché riducono la sensibilità dei recettori sensitivi buccali agli agenti irritanti; le sostanze tanniche, i sali di bismuto e di alluminio e altri composti astringenti inibitori diretti dell'attività ghiandolare attraverso la diminuzione del flusso sanguigno locale; l'atropina e le sostanze atropino-simili (parasimpaticolitici), che impediscono l'arrivo alle ghiandole salivari degli impulsi eccitosecretori trasmessi attraverso il nervo vago; l'oppio, la morfina e i tranquillizzanti fenotiazinici (cloropromazina), che agiscono deprimendo il sistema nervoso centrale e in particolare il tono funzionale dei centri nervosi della salivazione localizzati nel bulbo.

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