apofonìa

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sf. [sec. XIX; apo-+-fonia]. Il termine apofonia, o alternanza vocalica, indica le variazioni del vocalismo di una sillaba con funzioni di radice, di suffisso o di desinenza. Anche se non estranea ad altre tradizioni linguistiche (un fenomeno abbastanza analogo si può, per esempio, riscontrare nelle lingue semitiche), l'apofonia assume un ruolo determinante nella struttura delle lingue indeuropee. Le alternanze possono essere di tipo qualitativo, quando varia il timbro della vocale ma non la sua quantità (per esempio latino rĕgo, rŏgare), e di tipo quantitativo, quando la vocale si allunga o si riduce fino a scomparire (per esempio latino rĕgo, rēx; es-t, s-unt). In base alle variazioni di tipo quantitativo si distinguono tre gradi apofonici: grado zero o ridotto (con perdita dell'elemento vocalico), grado normale (in cui è presente l'elemento vocalico) e grado allungato (con allungamento dello stesso elemento vocalico). Se nel grado normale la vocale è preceduta o seguita da una semivocale (j, w), da una liquida (l, r) o da una nasale (n, m), al grado ridotto questi suoni si vocalizzano in i, u e nelle cosiddette liquide e nasali sonanti (graficamente indicate con ḷ, ṛ, ṇ, ṃ). Poiché il grado normale e il grado allungato ammettono variazioni qualitative, il sistema apofonico indeuropeo può essere così schematizzato:

Tutte queste alternanze apofoniche che escludono la presenza della schwa (il suono indeuropeo che in indiano antico diventa i, iṭ da cui aniṭ “senza iṭ”) costituiscono la cosiddetta serie aniṭ. La serie apofonica che, invece, comprende lo schwa è detta set (termine della grammatica indiana che significa “con iṭ” cioè “con schwa”). Alcuni elementi di questo originario sistema di alternanze apofoniche sono rimasti in tutte le lingue indeuropee, ma soprattutto in indiano antico, in greco e nelle lingue germaniche. Per il greco troviamo la serie completa nella parola “padre” al vocativo singolare páter, al nominativo singolare patḗr, al dativo plurale patrási (in cui -ra- è lo sviluppo greco dell'indeuropeo ṛ), e nel suo composto nominativo singolare eupátōr, genitivo singolare eupátores. Per le lingue germaniche (in tedesco l'apofonia è detta Ablaut) basterà pensare all'importanza che il fenomeno assume nei verbi forti: tedesco singen, sang, gesungen; inglese sing, sang, sung. In latino l'apofonia è meno sviluppata che in greco: sedeo, sēdes, sīdo (<*si-sd-o), solium (<*sodium). Di questo fenomeno troviamo evidenti riflessi in italiano e nelle lingue romanze: il diverso vocalismo radicale di dico e detto, conduco e condotto si spiega partendo dal latino dīco (grado normale con ī <ei) díctus (grado ridotto), condūco (grado normale con ū<eu) condŭctus (grado ridotto). Il valore funzionale dell'apofonia appare evidente nelle due forme verbali latine vĕnit e vēnit, in cui il diverso grado apofonico serve a distinguere il presente dal perfetto (cfr. italiano viene con ie che suppone un'originaria ĕ del grado normale, e vénne con é che suppone un'originaria ē del grado allungato).

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