argentatura

sf. [da argento]. Deposizione di un sottile strato d'argento su superfici metalliche e non. L'argentatura di metalli viene solitamente ottenuta con procedimento elettrochimico in una cella in cui l'oggetto da argentare è il catodo e l'anodo è costituito da argento puro. Come bagno elettrolitico viene usata una soluzione acquosa di cianuro di potassio (KCN, 50-60 g/l) o cianuro di argento (AgCN, 40 g/l). Alla soluzione si aggiungono: carbonato di potassio (K₂CO₃, 30-40 g/l), per migliorare la conducibilità della soluzione e controllare la regolare dissoluzione anodica dell'argento; iposolfito sodico (Na₂S₂O₃∤5H₂O, 1 g/l), allo scopo di realizzare depositi di argento più tenaci; ammoniaca(NH₃) per rendere più brillante il deposito (deposito speculare). Le superfici del metallo base devono essere sottoposte a trattamenti meccanici, chimici o elettrochimici preliminari per favorire una buona adesione dello strato d'argento. Sui materiali non metallici, per esempio sulle lastre di cristallo nella fabbricazione degli specchi, l'argentatura viene invece in genere realizzata per via chimica, immergendo l'oggetto da argentare in una soluzione di un sale d'argento in modo da formare anche in questo caso uno strato compatto e aderente. Le applicazioni dell'argentatura sono legate ad alcune peculiari proprietà dell'argento: la brillantezza e il potere riflettente, che vengono sfruttati a scopo decorativo e nei riflettori e proiettori; l'ottima conducibilità elettrica e la non ossidabilità in aria, utilizzate, per esempio, nei contatti elettrici. § Nella tecnica farmaceutica, operazione consistente nel ricoprire pillole o compresse con un sottile strato d'argento, al fine di proteggerle dall'umidità atmosferica e per migliorarne, in generale, la conservazione. § Nell'ebanisteria europea, decorazione in uso a partire dal Seicento, specie per consoles intagliate e cornici di specchi; il procedimento è simile a quello della doratura, rispetto alla quale è meno costoso ma anche meno durevole.