assiriologìa

sf. [sec. XIX; da assirio+-logia]. Il termine significa propriamente “studio degli Assiri”: pertinente quando fu coniato nel secolo scorso dopo le prime scoperte in Mesopotamia (attuale Iraq), oggi è improprio perché comprende anche lo studio dei Sumeri, degli Accadi, dei Babilonesi e dei Cassiti. Tutti questi popoli, che precedettero gli Assiri o vissero al loro fianco nell'antica Mesopotamia, si sono gradualmente rivelati nella loro storia e nella loro cultura grazie alle successive scoperte archeologiche e all'interpretazione dei documenti che a essi fanno capo. In senso stretto e nella prevalente pratica scientifica l'assiriologia è essenzialmente la filologia delle lingue antiche tramandate con testi cuneiformi; in senso lato essa concerne lo studio delle culture dei popoli protagonisti dell'antica civiltà mesopotamica. L'assiriologia è una disciplina recente, come molte altre relative al Vicino Oriente. Anche se gli esordi della riscoperta dei testi e dei monumenti mesopotamici risalgono ai primi del sec. XVII, la vera data di inizio dell'assiriologia è da considerarsi il 1802, anno in cui il tedesco G. F. Grotefend, insegnante di ginnasio a Gottinga, riuscì a decifrare la scrittura cuneiforme sulla base dello studio delle iscrizioni di Persepoli, rispettivamente in lingua persiana, neoelamitica e assira. La scoperta di Grotefend, che fu inizialmente oggetto di contestazione, fu confermata nella sua sostanziale validità nel 1857, quando quattro studiosi (C. H. Rawlinson, che era giunto alle stesse conclusioni, indipendentemente da Grotefend, E. Hincks, J. Oppert e F. Talbot), invitati dalla Società Asiatica di Londra, l'uno all'insaputa dell'altro, a tradurre una stessa iscrizione del re assiro Tiglatpileser I, fornirono quattro versioni quasi identiche. Ormai la comprensione dell'assiro-babilonese (accadico) era posta su solide basi, come dimostrarono le successive edizioni di testi e le relative traduzioni. L'accadico è una lingua semitica e la sua comprensione era ed è favorita dalla comparazione con le altre lingue affini. Più complesso è invece il caso del sumerico, che ha in comune con altre lingue il solo fatto di essere agglutinante. I primi testi sumerici provengono dagli scavi di Tello, condotti dal francese De Sarzec dal 1877 al 1900. Molti altri se ne aggiunsero in seguito e divennero comprensibili grazie alla letteratura accadica che, tra l'altro, ci ha dato vocabolari sumero-accadici. Nel 1923 A. Poehel poteva già pubblicare la prima valida grammatica del sumerico. I testi sumerici, anche più difficili, si possono oggi leggere tradotti nelle principali lingue moderne. I testi cuneiformi sumerici e accadici fin qui recuperati sommano a molte decine di migliaia. Si hanno iscrizioni reali e storiche, lettere, testi economici, religiosi, mitologici, letterari, giuridici, storiografici, divinatori, astronomici, medici, matematici. Ogni anno gli scavi ne accrescono il numero. Molti, giacenti nei musei, attendono d'essere studiati e ogni tanto se ne pubblicano di sensazionali, quali quelli del mito di Atrakhasis, dove si narra la storia degli dei e dell'umanità fino a dopo il diluvio.

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