cuneifórme

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agg. [sec. XVII; da cuneo+-forme]. Che ha forma di cuneo: scrittura cuneiforme; ossa cuneiformi, le tre ossa brevi del tarso del piede, situate tra scafoide e cuboide; foglia cuneiforme, lo stesso che foglia cuneata.§ In linguistica, il sistema cuneiforme è un sistema di scrittura che risulta dalla combinazione di segni impressi in forma di cuneo prevalentemente su tavolette di argilla, usato dagli antichi popoli della Mesopotamia e derivato da un sistema pittografico o ideografico inventato dai Sumeri, ben documentato già fin dalla metà del IV millennio a. C. L'originario disegno viene poi sostituito da uno schema fatto da cunei che a poco a poco perde inevitabilmente ogni rapporto con l'immagine dell'oggetto rappresentato. I segni erano inizialmente disposti dall'alto in basso in colonne verticali che si leggevano da destra a sinistra; in seguito le colonne verticali divennero linee orizzontali e l'andamento dei segni procedette da sinistra verso destra. Già nello stadio pittografico lo stesso segno poteva avere anche più valori: così in sumerico il disegno di una stella indicava sia il “cielo” sia “dio”, e quindi questo stesso segno ideografico poteva essere diversamente letto in sumerico an (cielo) o dingir (dio); il segno veniva anche ad acquistare in sumerico un valore fonetico sillabico che lo rendeva atto a designare la sillaba an in qualsiasi altra formazione lessicale. Presso gli Assiro-Babilonesi gli ideogrammi sumerici conservavano il loro significato ma venivano letti alla maniera accadica: nel caso dell'ideogramma, la cui forma originaria era in sumerico una stella, la lettura accadica era šamû (cielo) o ilu (dio); quando però era usato come segno sillabico manteneva generalmente anche in accadico il valore fonetico an che aveva in sumerico (meno spesso il segno fu usato in accadico anche per il). Importanza storica hanno i testi cuneiformi babilonesi trovati a Tell el-ʽAmārnah in Egitto. Questo sistema di scrittura, molto complesso, dagli Assiro-Babilonesi passò, con alcuni adattamenti e modificazioni, a tanti altri popoli dell'antico Oriente che se ne servirono per scrivere la propria lingua anche totalmente diversa dall'accadico: ittita, luvio, urrita, attico, ecc. Sensibilmente diversa è la scrittura cuneiforme del persiano antico ben documentata in numerose iscrizioni della dinastia achemenide. È composta di 36 segni che hanno un valore fonetico sillabico (un altro segno serve semplicemente a dividere le parole) e presenta una minore complessità rispetto alla scrittura cuneiforme sumero-accadica. Quella del persiano antico è stata anche la prima scrittura cuneiforme decifrata all'inizio del sec. XIX per merito dell'orientalista tedesco G. F. Grotefend.

Bibliografia

E. Unger, Die Keilschrift, Lipsia, 1929; G. Ryckmans, Grammaire Accadienne, Lovanio, 1960; P. E. Cleator, Linguaggi perduti, Milano, 1964; L. Cottrell, Leggere il passato, Milano, 1974; P. Matthiae, Ebla - Un impero ritrovato, Torino, 1977.

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