Definizione

Mezzo che soddisfa un bisogno umano e che è relativamente scarso rispetto alla domanda, per cui è suscettibile di produzione e scambio, e quindi ha un prezzo.

Il concetto di bene economico

Qualunque cosa utile ma disponibile in quantità limitata, inferiore al fabbisogno. Per esempio l'aria, pur utilissima, è un bene ma non un bene economico perché esiste in natura in quantità illimitata. La limitatezza dei beni può derivare o dalla stessa natura o da disposizioni di legge o dal fatto che la disponibilità dei beni stessi richiede lavoro, cioè la sopportazione di un sacrificio, di un costo. Utilità e scarsità non sono qualità intrinseche del bene ma derivano dal rapporto tra bene e bisogno: una cosa può essere utile o scarsa per un certo individuo o per una certa collettività d'individui e inutile o abbondante per un altro individuo o un'altra collettività. Per esempio, le sigarette sono un bene per un fumatore ma non lo sono per chi non fuma, l'acqua può non avere “valore economico” in campagna, accanto a una sorgente, ma ne acquista in città dove è relativamente scarsa. D'altra parte una stessa cosa può acquistare o perdere anche nel tempo la qualità di bene economico sia perché ne varia la disponibilità rispetto al fabbisogno, sia perché mutano i gusti e i bisogni degli individui. Una cosa, inoltre, per avere la qualità di bene economico deve essere accessibile, tale cioè che l'individuo possa procurarsela: l'oro esistente per ipotesi sul pianeta Marte non è un bene economico per gli abitanti della Terra che non possono accedervi. Secondo alcuni economisti, infine, il bene economico deve essere anche materiale, deve cioè consistere in qualche cosa di corporeo, ponderabile, deve possedere determinate qualità fisiche e chimiche. Non sussisterebbe quindi per tali studiosi la tradizionale distinzione tra beni materiali e beni immateriali (cioè i servizi come la prestazione professionale di un medico o di un avvocato, le lezioni di un insegnante, ecc.) ma questi ultimi sarebbero solo gli effetti utili dei primi. I beni sono classificati in diversi modi secondo l'uso cui sono destinati, il modo in cui soddisfano i bisogni, i rapporti tra essi. I beni sono detti diretti o di consumo o finali quando possono essere direttamente impiegati per soddisfare i bisogni senza subire ulteriori trasformazioni (per esempio il pane, un vestito, un mobile, ecc.); sono detti indiretti o strumentali o di investimento o di produzione o capitali se servono a produrre i beni diretti (un utensile, una macchina, ecc.). I beni sono detti durevoli o a fecondità ripetuta oppure non durevoli o a fecondità semplice secondo se siano in grado di prestare più servizi utili o un solo servizio utile prima di perdere completamente le loro proprietà originarie (per esempio il pane è un bene non durevole, un elettrodomestico è un bene durevole). I beni sono detti di lusso o di prima necessità secondo che si possa fare a meno di essi o siano essenziali alla vita. Sono detti succedanei o surrogati o competitivi quei beni che, fisicamente o chimicamente simili, sono in grado di soddisfare lo stesso bisogno e quindi sono sostituibili fra loro (per esempio il burro e la margarina, il tè e il caffè, il carbone e la legna come combustibili, ecc.); sono invece detti complementari quei beni che soddisfano nel modo migliore un determinato bisogno, cioè procurano la massima utilità, solo se impiegati insieme (per esempio caffè e zucchero, automobile e benzina, ecc.). Sono detti a offerta congiunta quei beni derivanti da uno stesso processo di produzione e di cui quindi non si può produrre l'uno senza produrre anche l'altro (per esempio la paglia e il grano, il carbone coke e il gas illuminante, ecc.).

Il concetto di bene pubblico

La teoria economica ha evidenziato l'esistenza di questo particolare tipo di beni la cui caratteristica distintiva è data dal venir consumato congiuntamente da più individui, membri di una società; vale a dire che non si acquista il diritto al godimento tramite il pagamento di un prezzo, ma in quanto membri di un gruppo sociale. Nessuno quindi ne può essere escluso. Nella realtà, tuttavia, sono pochi i beni pubblici puri che rispondono pienamente a questa definizione; tra questi l'ambiente naturale, la pulizia dell'aria, la giustizia sociale ne costituiscono esempi. La mancata attribuzione di un prezzo a tali beni comporta tuttavia un serio inconveniente: la tentazione da parte di membri “egoisti” della società a consumare tali beni senza partecipare alla fase produttiva. Il fenomeno è noto come free riding. Per ovviare a questo inconveniente lo Stato, nel garantire servizi di pubblica utilità, esige il pagamento di un prezzo che a volte, per motivazioni sociali, è inferiore al costo medio di produzione. Si pensi come esempio ai trasporti urbani, alla pulizia delle strade o alla pubblica istruzione.

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