Lessico

sm. [sec. XIV; dal latino tardo valor-ōris, da valēre, essere sano, forte].

1) Il complesso delle doti morali e intellettuali e delle capacità professionali di qualcuno e la stima che se ne fa: essere un uomo di valore; l'insieme delle qualità altamente positive di qualche cosa: scoperte di grande valore nel campo della fisica; mettere in valore, far risaltare i pregi di qualche cosa o qualcuno.

2) In filosofia, tutto ciò che viene apprezzato positivamente.

3) Per estensione, elemento stilistico tipico di un certo stile: valore luministico della pittura veneziana.

4) Coraggio dimostrato nell'affrontare un pericolo, specialmente in guerra; ardire, eroismo: dare prove di valore; in particolare: valore militare, quello dimostrato in guerra: medaglia al valore militare; valore civile, quello dimostrato in tempo di pace e in situazioni difficili a favore di altri.

5) Nel linguaggio economico: valore aggiunto, incremento di valore subito da un bene per effetto di un processo produttivo da esso subito. In pratica è sinonimo di valore di mercato, di valore commerciale e, quindi, di prezzo, di ragione di scambio oppure di valore stimato, quando tale scambio avviene in moneta. In organizzazione aziendale, il valore viene calcolato e studiato in sede di analisi di bilancio, laddove rappresenta una grandezza emergente da un'apposita riclassificazione del conto economico. Per estensione, utilità di un bene, indipendentemente dal costo di produzione e dalla ragione di scambio, stima, pregio: questo anello ha per me grande valore. Spesso usato come sinonimo di prezzo o equivalente in denaro: pelliccia del valore di molti milioni. In particolare, nel contratto d'assicurazione per danni, valore assicurabile, limite massimo a cui la società assicuratrice può estendere la propria garanzia. Deve sempre corrispondere al valore reale della cosa assicurata.

6) Al pl., gioielli e oggetti preziosi: tenere i valori in cassaforte.

7) Nel linguaggio scientifico, la misura di una grandezza; in particolare, in logica matematica, valore di verità di una proposizione sono il vero e il falso; il vero si indica di solito con il simbolo V o con il numero 1; il falso con il simbolo F o con il numero 0. Il valore di verità di una proposizione ne rappresenta generalmente il significato.

8) In musica, durata delle note e delle pause corrispondenti.

9) Significato, efficacia: chiarire il valore di un vocabolo; funzione, validità: infinito con valore di sostantivo.

Economia aziendale

Nella rilevazione in partita doppia secondo il sistema del reddito, sono detti valori numerari gli elementi attivi e passivi del patrimonio aziendale. Si distinguono i valori numerari certi, costituiti dal denaro; i valori numerari assimilati, costituiti dai crediti e debiti sorti in sostituzione di entrate e uscite di cassa; valori numerari presunti, costituiti da crediti e debiti in moneta estera e da valori come i ratei attivi e passivi che avranno in futuro una manifestazione numeraria. Accanto ai valori numerari che hanno una natura oggettiva in quanto rappresentativi della moneta, cioè dell'unità di misura adottata, in ragioneria vanno considerati i valori economici, aventi natura soggettiva, in quanto frutto di stime e di congetture inerenti alle ipotesi relative alla conclusione delle operazioni ancora in corso alla data di chiusura del bilancio di esercizio. Proprio l'esigenza di redazione di quest'ultimo impone una segmentazione dell'intera vita aziendale in periodi intermedi, nella valutazione dei quali vanno considerate le operazioni in corso di svolgimento, da rilevare nella determinazione del reddito e del connesso capitale di funzionamento, nel rispetto del principio della competenza economica. In questo senso si originano: valori economici certi, con riferimento a costi e ricavi relativi a operazioni già conclusesi; valori economici stimati, riguardanti componenti di reddito che avranno in successivi periodi un loro realizzo diretto, attraverso la vendita, o indiretto, attraverso l'immissione nel processo produttivo (si pensi alle rimanenze finali di magazzino); valori economici congetturati, come nel caso delle quote di ammortamento dei cespiti, riferiti a costi e ricavi pluriennali che cedono la loro utilità sulla base rispettivamente dell'uso e della maturazione. I valori sospesi sono quelli incorporati in tutti quei componenti che nel ciclo di produzione aziendale sono in via di trasformazione; il valore nominale, di solito riferito a un titolo, è quello riportato sul titolo stesso e si contrappone al valore di mercato o corrente. Il valore attuale è il valore al tempo presente di un bene che può essere realizzato in denaro solo dopo un periodo di tempo determinato ed è di solito calcolato detraendo lo sconto dal valore nominale; il valore capitalizzato è quello attribuito a beni di uso durevole in base al reddito prodotto e al tasso d'interesse corrente. Di frequente uso nella pratica contabile sono poi le espressioni: valori di avviamento, che indica la valutazione della capacità di reddito futura di un'azienda, generalmente ai fini della determinazione del capitale economico; valore di cessione (fusione, scissione o trasformazione), che esprime il valore attribuito al capitale netto aziendale in corrispondenza di eventi straordinari di cessazione relativa; valore ammortizzabile, riferito ai beni aziendali “a fecondità ripetuta” per l'individuazione del valore, da iscriversi nel registro dei cespiti, la cui utilità deve essere ripartita nell'arco del periodo d'impiego del bene stesso; valore d'uso, utilizzato per valutare un bene sulla base del suo prevedibile impiego futuro, puttosto che accogliere il suo prezzo d'acquisto; valore di sostituzione, che porta a valutare i beni aziendali considerando le ultime condizioni di mercato, in contrapposizione al valore storico, che ancora, viceversa, la valutazione dei beni al momento del loro acquisto, indipendentemente dal successivo evolversi dei mercati.

Economia: borsa

Nel linguaggio borsistico, valori mobiliari, titoli emessi da enti privati o pubblici e quotati nelle borse, così detti in contrapposto alle proprietà fondiarie. Il termine si riferisce anche a gioielli o preziosi e a tutto ciò che può essere oggetto di negoziazione nelle borse valori: valore presunto, attribuito a un bene in via approssimata e in base a una stima, poiché l'effettiva entità non è accertabile con esattezza; carte valore, la carta moneta (a corso legale e fiduciario) emessa dallo Stato, i titoli di credito dell'Istituto di emissione e delle banche autorizzate e anche i valori bollati costituiti da carta da bollo, fissati bollati, marche da bollo, francobolli e altri valori a essi equiparati da leggi speciali. La legge punisce con la multa e la reclusione l'alterazione e il relativo uso, la contraffazione di carta filigranata usata per fabbricarli, la fabbricazione e detenzione di filigrane o strumenti destinati alla loro falsificazione, la falsificazione, l'introduzione nello Stato, l'acquisto, la detenzione e la messa in circolazione di valori bollati falsificati.

Economia politica

Nella storia dell'economia il concetto di valore assume una posizione rilevante ma non costante. L'attenzione è rivolta soprattutto alla determinazione dei fattori che regolano il valore dei beni inteso come valore d'uso (utilità del bene) o come valore di scambio (rapporto di scambio tra due beni). A. Smith e altri esponenti della scuola classica elaborarono una teoria che riduce il valore del bene al sacrificio sopportato per produrlo, ritenuto proporzionale alla durata del lavoro stesso; D. Ricardo riprese tale concetto rendendolo sistematico e parlò di lavoro contenuto nelle merci invece che di lavoro disponibile in cambio delle merci stesse. Il valore dei beni è così determinato fondamentalmente dalla quantità di lavoro necessaria per produrli (teoria del valore-lavoro). Marx riprese tale teoria deducendone il concetto di plusvalore. Successivamente alcuni studiosi (J. B. Say, J. Stuart Mill e altri) spostarono la loro attenzione verso i meccanismi che regolano il mercato, con teorie che considerano il costo di produzione, la rarità della merce, l'andamento della domanda e dell'offerta. In particolare, col marginalismo venne superata la teoria del valore-lavoro e il valore di un bene fu definito in termini di utilità dell'ultima dose a disposizione del soggetto (utilità marginale). Per W. S. Jevons il costo di produzione determina l'offerta, questa determina il grado finale di utilità e infine il valore. V. F. D. Pareto impostò i problemi di scelta in termini di curve d'indifferenza invece che di confronto tra utilità marginali. A. Marshall analizzò il processo di formazione del prezzo e le forze che stanno dietro la domanda e l'offerta viste in termini di utilità e di sacrificio. In seguito la teoria del valore si risolse nello studio del mercato con l'analisi delle funzioni della domanda e dell'offerta e della formazione del prezzo nei vari regimi: monopolio, concorrenza, oligopolio ecc.

Filosofia

Nella filosofia antica non esisteva il termine, ma il concetto: Platone, ponendo il Bene al vertice della realtà, fa della bontà delle cose la misura stessa del loro essere. Il valore è il grado stesso dell'essere. Il finalismo aristotelico è a sua volta la spiegazione della natura in termini di valore e in generale il pensiero classico concepisce il valore come coincidenza con l'essere. Dottrine sul valore si sviluppano però solo in epoca moderna e un momento fondamentale è contrassegnato dalla distinzione, introdotta da I. Kant, tra essere e dover essere. Tale antinomia consegnerà a tutto il pensiero successivo la scissione tra valore e realtà come problema fondamentale della filosofia. Una dottrina del valore si consolida proprio quando si configura l'autonomia del valore come categoria irriducibile al mondo della realtà. Per Kant il dover essere non è necessità di esistere di fatto, ma l'oggettività di una norma che ha solo consistenza formale. Con Kant comincia a profilarsi la dimensione normativa del valore; per questo l'uso che lo stesso Kant fa del termine è generico e rientra nel concetto di fine. Nel pensiero contemporaneo il valore verrà teorizzato sempre come un contenuto oggettivo, ma apparirà come qualcosa di indipendente dal mondo degli oggetti reali. Un'interpretazione invece psicologistica del valore è nella teoria di A. von Meinong e di C. von Ehrenfels, dove esso appare come desiderio, ovvero sentimento valutativo connesso con l'esistenza di un oggetto. Piuttosto con R. H. Lotze l'ispirazione kantiana si trasmette a quella che si denominerà “filosofia dei valori”, che W. Windelband e H. Rickert elaboreranno come assolutezza e come struttura del soggetto: i valori non sono cose o supercose, non hanno realtà o essere, perché il loro modo è il dover essere, pura normatività, che appare proprio come relativa a ogni oggetto, poiché ogni giudizio pretende una validità assoluta. Nella coscienza allora c'è l'ideale misura del valore di ogni realtà empirica. Il regno dei valori, che valgono ma non esistono, riguarda appunto ogni aspetto della realtà: logica, estetica, mistica, etica, erotica, religione, a cui corrispondono i valori della verità, bellezza, santità impersonale. Il valore dunque è universale, non soggetto a divenire storico, ed è incondizionato. Nel soggetto opera quindi una coscienza che gli consente di porsi orientato secondo i valori. La filosofia dei valori ha un suo prolungamento in chiave fenomenologica presso M. Scheler e N. Hartmann. Per il primo, valore e bene si distinguono; i beni sono cose che hanno valore; i valori non sono empirici, ma hanno un contenuto loro proprio, e non sono formali. Perciò i valori non sono a priori, norme, ma oggetti che si sentono. Il valore è colto essenzialmente per via emozionale; ma la sensibilità emozionale non ha nulla a che fare con quella empirica e nemmeno è sentimento psicologico, bensì intenzionale, riferendosi a qualcosa di oggettivo. Il valore è proprio un cogliere emozionalmente qualcosa e non sussiste fuori dell'atto intenzionale della coscienza. Il pensiero contemporaneo combatte l'idea dell'universalità del valore in nome del relativismo; così in G. Simmel, per il quale il valore non è che l'urto del desiderio contro un ostacolo. Ma anzitutto in W. Dilthey che riduce i valori alla storia, affermando che in essa nascono e muoiono. La fortuna del termine valore è ben visibile in F. W. Nietzsche, il cui principio fondamentale fu quello dell'inversione di tutti i valori tradizionali. Per Nietzsche una visione del mondo, una civiltà è espressa da un universo di valori (dove il termine ha raggiunto la sua più alta applicazione). Le più recenti dottrine, tra cui quella di J. Dewey, si muovono nell'ambito di una concezione pluralistica dei valori; i valori sono molteplici e la loro contraddizione non esclude la loro validità, nella misura in cui valgono in rapporto ai determinati fini per i quali si profilano.

Sociologia

Ciascuno dei criteri sulla base dei quali un individuo o una collettività stabilisce quali idee, comportamenti, fini o mezzi sono giudicati giusti e perseguibili e quali ingiusti. I valori, perciò, influenzano le norme sociali, ma si differenziano da esse per il carattere puramente astratto (le norme, al contrario dei valori, sono strettamente prescrittive e sono desumibili dai comportamenti quotidiani del gruppo sociale). Per il sociologo funzionalista T. Parsons, l'intero ordine sociale dipende dall'esistenza di valori abbastanza diffusi e condivisi da armonizzare personalità individuale e sistema sociale. Il processo di socializzazione consente l'interiorizzazione dei valori, che non sono riducibili a interessi particolari o a bisogni individuali o di gruppo. Questo approccio ignora però i conflitti di valori che interessano numerose società, anche nella forma del mutamento culturale (come nel caso dei valori postmaterialistici dei principali Paesi occidentali), esaspera il carattere normativo dei valori stessi e trascura i condizionamenti della struttura sociale (il riferimento ai valori è spesso un potente strumento di controllo sociale).

Bibliografia

Per l'economia

J. A. Schumpeter, Storia dell'analisi economica, Torino, 1960; M. Blaug, Storia e critica della teoria economica, Torino, 1970; R. Meek, Studi sulla teoria del valore-lavoro, Milano, 1973; N. De Vecchi, Valore e profitto nell'economia politica classica, Milano, 1976; L. Guatri, La teoria di creazione del valore, Milano, 1991.

Per la filosofia

F. Battaglia, Il valore nella storia, Bologna, 1948; L. Lavelle, Traité des valeurs, 2 voll., Parigi, 1951-55; G. De Martino, Etica narrativa. Decostruzione dei valori e filosofia della natura, Napoli, 1990.

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