bebop

s. inglese usato in italiano come sm. Stile di jazz, nato a New York nel 1942-44, come reazione allo swing, ormai commercializzato, nel corso di jam sessionsnotturne tra giovani solisti neri di idee innovative: C. Christian (che morì prima di vederlo nascere), Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Bud Powell, Thelonious Monk, Kenny Clarke e altri. Stile capriccioso, inorecchiabile, di enorme difficoltà esecutiva, basato su ritmi intricati, armonie ardite, melodie tortuose, o cantato su grottesche tiritere scat (la parola bebop ne è onomatopea), esso si connotò subito come una musica ribelle, protestataria, intesa da pochi iniziati. I musicisti stessi lo sottolinearono assumendo modi misteriosi e ironici. Esploso con grande scandalo (1945), fu attaccato da più parti, ma fu anche salutato come una svolta del jazz, il quale si liberava così da ogni equivoco asservimento al gusto dominante della borghesia bianca. Esso inoltre segnò l'affermazione tra i neri di una più chiara consapevolezza della propria dignità e forza culturale. I citati capiscuola del bebop sono tra i massimi musicisti del sec. XX: la loro arte esprime con ineguagliata profondità l'inquietudine dell'uomo moderno negli anni dell'incubo atomico. Come linguaggio musicale, il bebop è inoltre la pietra angolare di quasi tutto il jazz successivo.

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