céncio

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sm. [sec. XIII; forse latino volg. centium, dal classico cento-ōnis, insieme di vari pezzi, centone].

1) Pezzo di stoffa consunta solitamente usato nelle pulizie domestiche. Proverbio: “i cenci sudici vanno lavati in casa”, non è opportuno divulgare le divergenze o le sventure della famiglia. In particolare, al pl., abiti disusati e ritagli di stoffa raccolti appositamente e riutilizzati nell'industria tessile e cartaria.

2) Per estensione, brandello di abito o di stoffa; capo di abbigliamento logoroo comunque goffo e inadeguato: rattristava vederlo così, coperto di cenci. Fig., per indicare il decadimento fisico o morale di fronte alle avversità oppure in seguito a sventure patite: cadere come un cencio, afflosciarsi; bianco come un cencio, molto pallido; ridursi a un cencio, indebolirsi paurosamente, per malattie, sofferenze, privazioni e sim. Più in genere, cosa o persona di scarso valore, vile, spregevole: buttare fra i cenci, eliminare cose ormai inservibili; la trattò come un cencio; talvolta per indicare l'assoluta carenza di qualche cosa: nel paese non siamo riusciti a trovare neppure un cencio di trattoria.

3) Cencio di nonna, tessuto usato come canovaccio nel trapunto fiorentino. Cappello a cencio, copricapo di feltro morbido e floscio.

4) Toscano, al pl., striscioline di pasta dolce, fritte e cosparse di zucchero a velo (o vanigliato). Sono analoghi alle zeppole, alle chiacchiere, ai nastri, alle frappe di altre regioni, tutti dolci tradizionali preparati per lo più in occasione del carnevale.

5) Cencio necrotico, zaffo di tessuto necrotico, che occupa la parte centrale di un foruncolo e che viene eliminato con la suppurazione.

6) In botanica, cencio molle (Cerastium)

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