criochirurgìa

sf. [crio-+chirurgia]. Tecnica operatoria che si basa sullo sfruttamento delle bassissime temperature, fino a -180 ºC, mediante l'impiego di sostanze criogene (azoto liquido, anidride carbonica, freon). Queste ultime vengono messe a contatto con la parte di organo o tessuto da distruggere per mezzo di sonde variamente foggiate. L'effetto si verifica nel giro di pochi minuti e con risultati sempre più incoraggianti. La criochirurgia viene impiegata per esempio nel trattamento di tumori, degli emangiomi cutanei, nella tonsillectomia, nella chirurgia della cataratta (crioestrazione), nella terapia del distacco della retina e del glaucoma. Un'altra applicazione della criochirurgia consiste nell'intervento di crioablazione, che viene eseguito quando si provvede al congelamento della ghiandola prostatica affetta da un tumore localizzato con un gas, l'argon, convogliato per mezzo di aghi, sotto la guida di un'ecografia prostatica-transrettale. Indicati a questo trattamento sono soprattutto coloro che non possono sottoporsi a un intervento chirurgico, per via dell'età o perché non sopportano l'anestesia generale.

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