dùbbio

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(anticamente dùbio), agg. e sm. [sec. XIII; dal latino dubíus].

1) Agg., che fa dubitare, che si manifesta incerto, insicuro: dubbia vittoria, persona di dubbia onestà; poco chiaro, indistinto: frase dubbia, colore dubbio; anche ambiguo, controverso: dubbi risultati elettorali.

2) Sm., indecisione e perplessità della mente, sospensione del giudizio; con la neg., certezza: senza dubbio, certamente; anche paura, timore: ho ancora qualche dubbio.

3) La condizione di chi si trova in uno stato di incertezza: essere in dubbio su tutto. § In filosofia, la condizione d'incertezza, soggettiva od oggettiva, per cui in una situazione conoscitiva o pratica si rinvia (o si esclude) una scelta e si continua a considerare irrisolta la situazione stessa. Il dubbio scettico (vedi epochè) era appunto la sospensione dell'assenso a una rappresentazione (per cui essa non era considerata né vera, né falsa), derivante dalla condizione oggettiva d'incertezza in cui, secondo gli scettici, si trovava la conoscenza umana. Dubbio iperbolico o anche dubbio metodico è stato chiamato il dubbio teorizzato da Cartesio come atteggiamento proprio del ricercatore, che rinuncia a dare per scontata la verità di un'affermazione qualsiasi, foss'anche quella della sua stessa esistenza (vedi cogito). Il carattere oggettivo del dubbio è frequente anche nella filosofia contemporanea: Husserl definisce il dubbio come “un modo di essere della cosa stessa”; Dewey pone la radice del dubbio nella “situazione problematica”, che determina la ricerca.

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