decòllo

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Lessico

sm. [sec. XX; da decollare2]. Lo staccarsi dal suolo o dall'acqua di un aeromobile; per estensione, il partire in aereo: il nostro decollo avverrà stasera. Fig., partenza; inizio: il felice decollo di un'iniziativa. In particolare, in economia, periodo nel processo di sviluppo economico in cui un dato sistema si trasforma in modo radicale divenendo, da prevalentemente agricolo, industrializzato (inglese take-off). Durante tale periodo, secondo W. W. Rostow, il tasso d'investimento aumenta in modo tale che il reddito reale pro capite si accresce determinando sostanziali mutamenti nelle tecniche produttive e nuovi investimenti che, a loro volta, con un processo cumulativo, provocano nuovi aumenti di reddito. Sempre secondo Rostow, uno dei principali fattori di decollo delle moderne economie industrializzate è stata l'introduzione delle ferrovie.

Aeronautica

Fase d'inizio del volo, in cui un aeromobile passa dalle condizioni di sosta a terra (o su una superficie liquida) a quelle di volo, e che si considera completata una volta raggiunta una quota convenzionalmente fissata, nella maggior parte dei casi pari a 15,24 m (50 piedi). Nel caso di un aeroplano, il decollo viene normalmente considerato come costituito dalla successione di tre fasi: quella di corsa a terra (o di rullaggio) quella di raccordo (o di transizione) e quella di salita stabilizzata. La prima fase viene eseguita su una pista di varia natura, che generalmente può con sufficiente approssimazione essere ritenuta orizzontale, sulla quale il velivolo, sempre poggiando sul terreno, si muove di moto accelerato (con accelerazioni medie di pochi m/s²), sino a raggiungere una predeterminata velocità di decollo, del 10-20% superiore alla velocità minima di sostentamento dell'aereo con i dispositivi ipersostentatori nella configurazione di decollo. Il velivolo viene solitamente mantenuto, durante la corsa di decollo, in un assetto che gli renda possibile, dati i valori della trazione disponibile, di raggiungere la massima accelerazione longitudinale, e che di norma è caratterizzato da valori del coefficiente di portanza sensibilmente inferiori a quelli in base ai quali viene determinata la succitata velocità di decollo. La lunghezza della corsa di decollo può ritenersi, in prima approssimazione, direttamente proporzionale al rapporto tra il peso del velivolo e l'esuberanza di trazione (cioè la differenza fra trazione dei propulsori e resistenze aerodinamiche e d'attrito che si oppongono al moto) e al quadrato della velocità di decollo. Una volta raggiunta detta velocità, richiamando a sé la barra (o il volantino), il pilota determina un rapido (in teoria istantaneo) incremento della portanza, e la conseguente accelerazione che viene a prodursi normalmente alla traiettoria causa la curvatura di questa verso l'alto. Ha così inizio la fase di raccordo, durante la quale si assume che la traiettoria seguita dall'aereo coincida con un arco di cerchio, e che ha termine nell'istante in cui la tangente alla traiettoria raggiunge il valore, massimo, corrispondente alle condizioni di salita ripida. In detto istante ha infatti inizio la terza e ultima fase del decollo, che si considera concluso una volta raggiunta la quota sufficiente al superamento di un ostacolo di altezza assegnata. Il decollo di un idrovolante è sostanzialmente analogo a quello di un aeroplano, anche se la sua prima fase è caratterizzata dal vistoso cambiamento delle condizioni di sostentamento dell'aeromobile, che passa dalle condizioni di sostentamento idrostatico (tipiche della sosta su superficie liquida o del flottaggio a bassa velocità) a quelle di sostentamento idrodinamico (tipiche invece del flottaggio ad alta velocità), con corrispondente cospicua riduzione della resistenza idrodinamica che si oppone al moto dell'aeromobile. Il decollo di un elicottero, anche se questo tipo di aeromobile può decollare verticalmente e può quindi adottare questa tecnica di decollo dove necessario, avviene normalmente secondo una traiettoria inclinata, dopo che l'elicottero si è sollevato dal suolo fino a una quota limitata. La salita su traiettoria inclinata richiede infatti un impegno di potenza nettamente inferiore a quello di una salita verticale e consente quindi all'elicottero di sollevarsi con velocità e sicurezza nettamente più elevate. Nel caso di elisuperfici di dimensioni particolarmente ridotte quali piattaforme petrolifere, ponti di navi o altre comunque circondate da spazi inadatti ad atterraggi di emergenza, il decollo avviene con una traiettoria inclinata verso l'indietro, alla quale segue una fase di conversione del moto. Tale traiettoria è l'unica che consente, in caso di avaria al motore, di poter atterrare sull'elisuperficie stessa in autorotazione. Gli aeromobili a decollo verticale, realizzati secondo altre formule (VTOL), decollano generalmente anch'essi secondo tecniche analoghe a quelle impiegate nel caso dell'elicottero, o facendo seguire a un decollo verticale un'opportuna manovra di conversione (come accade al convertiplano) e, nel caso di alcuni convertigetti, facendo precedere al decollo gettosostentato, eseguito secondo traiettoria obliqua, un breve rullaggio che, grazie alla portanza ottenibile dall'ala in virtù della velocità di traslazione, consente di aumentare considerevolmente il peso al decollo dell'aeromobile. In campo militare è stato sviluppato, per le navi portaerei a decollo verticale, il cosiddetto sky-jump (trampolino) consistente nel conferire alla porzione terminale del ponte di volo un'inclinazione verso l'alto variabile tra i 2 e i 7 gradi. Tale accorgimento permette di incrementare ulteriormente il peso al decollo dell'aeromobile. Nella valutazione delle caratteristiche di decollo di un aereo plurimotore ha infine particolare importanza la conoscenza della lunghezza critica e della velocità critica. Col primo di questi termini si indica la lunghezza della pista necessaria ad assicurare all'aereo la possibilità di decollare anche se un propulsore venisse a mancare durante la corsa di decollo, oppure di arrestarsi senza incidenti se, in seguito all'avaria sopra citata, il pilota preferisse rinunciare al decollo. La velocità critica di decollo definisce invece l'istante per cui, verificandosi la summenzionata avaria del propulsore, la lunghezza di pista necessaria a consentire l'arresto del velivolo risulta uguale a quella che occorre per completare felicemente il decollo. Poiché nel caso di mancanza del propulsore a velocità inferiori a quella critica si deve senz'altro rinunciare al decollo, mentre per avaria che si verifica a velocità più elevata di quella critica il decollo va senz'altro proseguito, l'avaria del propulsore che avvenga esattamente alla velocità critica richiede il massimo valore della lunghezza della pista detta lunghezza (o spazio) di accelerazione e arresto. Per facilitare il decollo e consentire una relativa abbreviazione delle varie fasi sono stati adottati dispositivi e accorgimenti vari impiegati su particolari velivoli noti comunemente come STOL.

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