eguaglianza

sf. [sec. XVIII; da eguagliare]. Lo stesso che uguaglianza, specialmente in diritto in cui indica una situazione giuridica soggettiva per la quale a un'identica posizione di fatto deve corrispondere un identico trattamento normativo. L'art. 3 della vigente Costituzione repubblicana afferma che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. E ancora: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Altre disposizioni costituzionali sul principio dell'eguaglianza riguardano il voto (art. 48); il diritto di tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge (art. 51); le disposizioni concernenti il matrimonio, ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare (art. 29). L'eguaglianza in riferimento al sesso è stata affermata dalla legge 9 febbraio 1963, n. 66, che stabilisce che la donna può accedere a tutte le cariche, professioni e impieghi pubblici, compresa la magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera, salvi i requisiti stabiliti dalla legge. Fino al 1999 l'arruolamento della donna nelle forze armate è stato regolato da leggi particolari sostituite dalla legge 20 ottobre 1999, n. 380 che estende il reclutamento a entrambi i sessi.

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