eritrocita o eritrocito

sm. [sec. XIX; eritro-+-cito]. Elemento morfologico del sangue, detto anche emazia o globulo rosso, per la sua colorazione rosso-arancione dovuta alla presenza di emoglobina. Gli eritrociti sono cellule rotondeggianti, con forma lievemente convessa, rivestite da sottile membrana, prive di nucleo, e presentano al loro interno una sorta di impalcatura reticolare di sostegno. Il loro diametro, che nei Mammiferi è di 2,5-10 μ, nell'uomo è in media di 7,7 μ; lo spessore è di 2 μ; nei Mammiferi il loro numero per mm3 è compreso tra 33.000 e 19.000.000: nell'uomo tra 4.500.000 e 5.000.000 (valori lievemente inferiori si hanno nella donna). Gli eritrociti partecipano attivamente ai processi di respirazione, portando ai tessuti l'ossigeno, tramite l'emoglobina. Sono incapaci di attività sintetiche complesse (sintesi di acidi nucleici e proteine) ma possiedono svariate attività enzimatiche, tutte finalizzate a regolarne l'omeostasi e le funzioni respiratorie. Tra queste sono degne di nota: la sintesi dell'acido 2,3 difosfoglicerico, l'idratazione reversibile dell'anidride carbonica ad acido carbonico, la riduzione della metaemoglobina a emoglobina e la detossificazione dei radicali tossici, occasionalmente derivati dall'ossigeno, come lo ione superossido che viene trasformato dapprima in acqua ossigenata e poi in acqua. Il loro numero aumenta e diminuisce in varie affezioni morbose (per esempio aumenta nelle policitemie assolute primarie, nelle policitemie relative a disidratazione, in quelle secondarie a ipossia, emoglobinopatie, ecc.; diminuisce nelle anemie).

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