Lessico

sf. [sec. XX; da omeo-+greco stásis, stabilità].

1) In fisiologia, l'insieme dei processi che mantengono costanti le condizioni dell'organismo intervenendo con meccanismi di controregolazione ogni qual volta si ha un allontanamento dalla situazione di equilibrio. In termini lati, anche il comportamento, in particolare quello basato su motivazioni, è considerato un meccanismo di omeostasi, in quanto teso a ripristinare uno stato di equilibrio globale dell'organismo.

2) In genetica, capacità di una popolazione di mantenere le frequenze geniche entro i limiti stabiliti dalla selezione naturale. Se, per esempio, con l'ausilio della selezione artificiale si provocano delle perturbazioni nelle frequenze geniche di una popolazione, l'omeostasi ha la capacità di ricondurre le frequenze geniche al livello di equilibrio iniziale.

3) In cibernetica, proprietà di un sistema complesso che possa mantenere una tendenza all'equilibrio generale, conciliando o contrastando eventuali tendenze a equilibri diversi da parte di singoli componenti del sistema o da parte dell'ambiente esterno. Può caratterizzare sia sistemi artificiali che viventi.

Ecologia

Per omeostasi si intende la capacità dei sistemi biologici e ambientali di resistere al cambiamento e di rimanere in una condizione di equilibrio. Come gli organismi e le popolazioni che li compongono, anche gli ecosistemi sono capaci di autoregolazione. I meccanismi di controllo che operano negli ecosistemi comprendono la conservazione e l'utilizzazione dei nutrienti e la produzione e decomposizione delle sostanze organiche. I meccanismi di omeostasi presentano comunque limiti oltre i quali il perdurare delle alterazioni dell'ecosistema ne determina un definitivo allontanamento dello stato originario.

Fisiologia

I concetti fondamentali alla base dell'omeostasi sono per il fisiologo statunitense W. B. Cannon, che nel 1926 introdusse il termine, i seguenti: il nostro organismo è un sistema aperto con scambi con l'esterno e le sostanze che lo compongono sono estremamente instabili. Il fatto che mantengano uno stato costante è prova dell'esistenza di meccanismi equilibratori; ogni tendenza al mutamento è impedita da un'accresciuta efficacia dei fattori d'equilibrio, tanto maggiore quanto più forte è la tendenza; il sistema di regolazione anche di un singolo stato particolare è composto da un insieme di fattori cooperanti; l'omeostasi non è accidentale, ma è il risultato di un autocontrollo organizzato. Esempi di meccanismi omeostatici sono la regolazione del tasso glicemico, del pH del sangue, della temperatura corporea, ecc. In fisiologia, concetti analoghi a quelli di Cannon erano già stati espressi nel secolo scorso dal francese Cl. Bernard. Con lo sviluppo della cibernetica i meccanismi omeostatici sono stati interpretati come circuiti a feed-back.

Psicologia

Anche in psicologia concetti di tipo omeostatico sono stati introdotti sin dalla fine del secolo scorso e hanno avuto una notevole influenza in molte formulazioni teoriche. In psicanalisi, S. Freud e J. Breuer introdussero il principio di costanza come regolatore dell'attività psichica, principio che afferma che l'energia psichica tende a mantenersi a livello costante e il più basso possibile. Secondo lo psicologo svizzero J. Piaget, l'adattamento è un equilibrio tra individuo-ambiente che si ottiene mediante meccanismi omeostatici, attraverso i processi dell'assimilazione (incorporazione nei propri schemi mentali degli apporti ambientali) e dell'accomodamento (modificazione del comportamento sulla base delle richieste dell'ambiente). Nelle teorie dell'apprendimento comportamentistiche, si ritiene che la spinta all'azione, o pulsione (drive), derivi da una situazione di squilibrio, la cui riduzione facilita l'apprendimento. Anche in psicologia, come in fisiologia, negli ultimi trent'anni si è fatto ricorso a modelli cibernetici per poter meglio interpretare questi meccanismi omeostatici, e ciò particolarmente nello studio dei processi cognitivi.

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