Lessico

sm. (pl. -i; anticamente f. le fóra) [sec. XIII; da forare].

1) Buco, apertura, specialmente se praticati ad arte: fare un foro nel muro. In particolare, ferita provocata da un'arma da fuoco, da un proiettile.

2) Nel linguaggio tecnico, cavità cilindrica ricavata in un corpo mediante l'operazione di foratura con macchine utensili o per fucinatura. Un foro risulta caratterizzato da diametro, profondità, finitura superficiale e tolleranza dimensionale. Un foro si dice passante quando attraversa completamente il corpo in cui viene realizzato; cieco quando ha una profondità limitata ed è chiuso a un'estremità. Con accezioni specifiche: A) foro di colata, foro praticato nella parete refrattaria di un forno per permettere il colaggio del metallo fuso. Durante l'elaborazione del bagno il foro resta chiuso con materiale refrattario in granuli (per esempio dolomite) e viene aperto per effettuare la colata. B) Foro stenopeico, piccolo foro nella parete frontale della camera oscura attraverso il quale si proietta sulla parete opposta l'immagine degli oggetti posti di fronte a esso. Deve avere dimensioni molto maggiori della lunghezza d'ondaella luce ma non più grandi di qualche decimo di millimetro per evitare fenomeni di diffrazione e per ottenere un'immagine ragionevolmente nitida. Il suo angolo di campo dipende solo dallo spessore della parete in cui è ricavato e raggiunge facilmente i 120º. C) Nell'industria mineraria: foro (o fornello) da mina, cavità stretta e profonda da pochi centimetri a qualche metro, in cui si dispone, intasandola, la carica di esplosivo; foro di sonda, quello effettuato per ricerca mineraria o per pozzi petroliferi.

3) In anatomia, ogni orificio (o forame) attraverso cui scorrono formazioni anatomiche (vasi, nervi): nel cuore, foro di Botallo; foro grande occipitale (foramen magnum), forochepone in comunicazione la cavità cranica con il canale vertebrale; foro intervertebrale, o di congiunzione delle vertebre, quello attraverso il quale passano i nervi spinali; foro ischiatico, od otturato, grande e piccolo, attraverso i quali passano il nervo sciatico, le arterie glutee e i muscoli gemelli pelvici.

Antropologia

Le modificazioni di posizione e di inclinazione del foro occipitale , e la loro influenza sulle varie componenti ossee del cranio, sono fenomeni di rilievo nel contesto dei processi che condussero all'acquisizione della stazione eretta; lo studio della loro dinamica, condotto con criteri comparativi, tanto su materiale fossile (quando i reperti lo consentano) che su gruppi di mammiferi viventi, costituisce quindi un capitolo importante delle ricerche che intendono far luce sui fenomeni che hanno caratterizzato le tappe dell'ominazione. L'analisi approfondita delle posizioni assunte dal foro occipitale durante l'acquisizione della stazione eretta non può prescindere da tutta una serie di considerazioni correlative nei confronti degli altri segmenti scheletrici anche non cranici; tuttavia, a fini esemplificativi, può essere utile considerare le modalità di tali variazioni comparando, col cranio umano, strutture equivalenti, appartenenti a primati viventi e spettanti a differenti stadi evolutivi. La tendenza principale delle variazioni di posizione del foro occipitale consiste fondamentalmente in uno spostamento dall'alto in basso e da dietro in avanti, quale conseguenza di un analogo processo e di una progressiva rotazione in senso vertico-orizzontale della porzione basale del cranio, accompagnato da uno spostamento verso il basso e tendente alla verticalità della porzione sfeno-temporale della base cranica. Il risultato di questa rotazione progressiva si traduce, oltre che in un ampliamento della cavità cranica, anche in un aumento dell'angolo fra il piano mediano del foro occipitale e la proiezione sul piano sagittale del piano vestibolare, che accompagna l'acquisizione della stazione eretta. Il valore di quest'angolo, detto “centro-iniaco”, si incrementa progressivamente passando dai mammiferi inferiori a quelli via via più prossimi all'uomo, l'unico nel quale esso si avvicina a 90º. Questo stesso processo è riconoscibile nei documenti paleontologici della filogenesi umana e può essere espresso, quantitativamente, dall'indice di Zuchermann.

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