sm. [sec. XIX; francese féminisme]. Movimento ideologico che tende all'equiparazione della donna all'uomo e alla sua conquista di tutti i diritti civili, politici ed economici.

Descrizione generale

Affinché si abbia un'esauriente definizione di femminismo, bisogna distinguere almeno due piani del fenomeno: quello filosofico-ideologico e quello politico. Il primo comprende una serie di riflessioni teoriche, elaborazioni concettuali e assunti ideologici che pongono al centro la questione femminile e il peso che questa assume nel rapporto fra sessi. In questo caso, si parla del femminismo come di una forma originaria di speculazione che si organizza e raggiunge un livello di maturazione che porta a una sua differenziazione interna (è possibile infatti distinguere distinte versioni filosofico-ideologiche del femminismo). L'altro piano scelto per la definizione del femminismo è quello politico, sul quale si collocano tutte le espressioni e forme organizzative più o meno strutturate che hanno fatto del femminismo un principio di azione diretta e orientata a uno scopo: pratiche associative e assembleari, esperienze movimentiste, ingresso nell'arena politica attraverso l'appoggio più o meno esplicito alle forze partitiche esistenti. Sia sul piano filosofico-ideologico che su quello politico il femminismo costituisce una risposta di emancipazione allo squilibrio nei rapporti di potere fra i sessi. Il femminismo sorge con l'emergere di una “questione femminile”, e con l'affermarsi di forme di consapevolezza sulla subalternità cui il ruolo della donna è stato relegato sia nelle società tradizionali sia in quelle che hanno intrapreso la via della modernizzazione.

Patriarcato, matriarcato e consapevolezza femminile

Lo sviluppo del femminismo trova le proprie radici nella riflessione in chiave storico-antropologica e sociologica sui rapporti fra sessi nelle società umane, e sulle dinamiche poste all'origine di una sperequata distribuzione del potere sociale. Tale riflessione può proficuamente essere sintetizzata nella fissazione di una contrapposizione tra patriarcato e matriarcato come modelli di distribuzione del potere fra sessi. Entrambi incentrati sulla famiglia come centro d'esercizio dell'autorità, questi modelli si contrappongono nell'assegnazione del primato su base sessuale all'interno dell'unità familiare. Il modello patriarcale assegna all'uomo il ruolo di capofamiglia, in virtù della sua capacità di procacciare risorse per il sostentamento e la riproduzione; quello matriarcale, viceversa, conferisce alla donna un primato all'interno dell'unità familiare in virtù di una preponderanza nella cura dei rapporti affettivi. Nel complesso, dunque, il dilemma tra patriarcato e matriarcato nell'assegnazione del primato sessuale all'interno della famiglia si risolve in un dilemma parallelo fra elementi strumentali (strategie d'azione elaborate come mezzi per il conseguimento di altri fini: come sono, appunto, quelle mirate al procacciamento di risorse) ed elementi espressivi (strategie d'azione che esauriscono la loro portata nel momento stesso in cui vengono celebrate: come sono i gesti d'affetto, che hanno la proprietà di appagare chi li compia senza che vi sia un fine successivo). I due modelli sono dunque opposti sia per quanto riguarda il ruolo assegnato ai sessi, che con riferimento ai contenuti strategici del potere. Il principale tentativo di raccordare i modelli stressi è stato quello operato dallo storico svizzero Johann Jacob Bachofen. Nell'opera Il matriarcato (1861), egli individuò una costante interna alle società antiche, la quale porterebbe a un passaggio dal potere femminile a quello maschile. Pur contraddistinta da un eccesso di evoluzionismo, l'opera di Bachofen ha avuto il merito di mettere in stretta relazione i due modelli del patriarcato e del matriarcato, assegnando a quest'ultimo un particolare rilievo teorico e analitico. Un passaggio decisivo verso la costruzione del fenomeno del femminismo è dato dall'emergere di quella mentalità che è viene etichettata come consapevolezza femminile. Si tratta di quel complesso di atteggiamenti e strategie che portano a rivedere il ruolo sociale della donna e la sua posizione nell'equilibrio fra sessi a partire da una presa di coscienza sull'effettiva distribuzione di potere. Il riferimento alla consapevolezza indica un passaggio da uno stato a un altro; viene infatti a registrarsi una presa di coscienza su uno stato di cose che fino a una certa fase era stato generalmente accettato, e che a partire da un determinato momento viene rimesso in discussione. Nel caso specifico, la consapevolezza femminile si delinea come la presa di coscienza sul ruolo subordinato della donna nelle società tradizionali o in via di modernizzazione, e soprattutto sulla capacità di esercitare in modo diverso e peculiare il potere sociale, secondo logiche ben distinte da quelle che connotano la sua modalità maschile di esercizio.

Le protagoniste del movimento femminista

Le prime figure significative del movimento femminista furono Amelia Bloomer e Elizabeth Cady Stanton, che nel 1850 rivoluzionarono l'abbigliamento femminile attuando una ribellione nei confronti dei canoni vittoriani. Questi ultimi imponevano alle donne dell'epoca modelli di vestizione troppo scomodi e costosi. Invece i nuovi modelli, che presero il nome di bloomers in onore di una delle due creatrici, risultarono di più agevole vestibilità anche grazie all'utilizzo dei pantaloni, che fino a quel momento erano stati una prerogativa dell'abbigliamento maschile. Il sec. XIX fu il periodo in cui i primi germi del femminismo si svilupparono, nel pieno di un periodo in cui la posizione della donna nelle società occidentali pagava ancora il prezzo dell'esistenza di pregiudizi radicati. Di questo atteggiamento si avevano conseguenze soprattutto sulla questione della partecipazione delle donne alla vita pubblica. Da questo punto di vista, un passaggio fondamentale per la promozione del ruolo femminile nelle società occidentali si ebbe col movimento delle suffragiste, il cui scopo era quello di ottenere il diritto di voto per la popolazione femminile. In seguito al movimento suffragista si svilupparono altre correnti politico-movimentiste legate al femminismo. Una di queste fu il cosiddetto socialismo femminista, che si batteva per un riformismo sociale che vedesse nell'emancipazione un elemento qualificante; di questa corrente fu leader Carrie Lane Chapman Catt (1859-1947). Un altro movimento fu quello del femminismo radicale, capeggiato da Charlotte Perkins Gilman (1885-1977). La storia del femminismo del sec. XX è caratterizzata dallo strutturarsi del movimento femminista in lobby politica, grazie alla quale la questione femminile è diventata un punto qualificante delle agende dei governi nei Paesi economicamente più sviluppati. Soprattutto, si è aperta una nuova prospettiva con la tematica del genere, grazie alla quale si è inquadrata la differenza fra sfera maschile e femminile non soltanto in termini biologici, ma anche antropologici. La differenza fra uomo e donna, secondo questa prospettiva, non sarebbe soltanto di carattere sessuale, ma anche antropologico; essa risiede dunque in una diversa qualità del vivere l'esperienza quotidiana. Se la questione femminile, nel complesso, ha registrato nel sec. XX notevoli passi avanti, restano però da risolvere le questioni legate alle difficili condizioni della donna nei Paesi più poveri e in quelli governati oppressivamente da regimi religiosi. È proprio su questi versanti che il femminismo del sec. XXI dovrà affrontare le sue sfide.

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