flessibilità

sf. [sec. XIV; da flessibile]. Possibilità di flettersi facilmente, pieghevolezza. In particolare, capacità di una struttura di deformarsi elasticamente per l'azione di una sollecitazione (in particolare della flessione). La flessibilità è funzione del peso elastico dell'elemento strutturale e quindi sia delle sue caratteristiche geometriche, che ne determinano l'inerzia, sia della natura del materiale costituente. Fig., facilità a cedere, ad arrendersi; anche capacità di adeguarsi a funzioni, a esigenze diverse: la mente dell'uomo ha molta flessibilità. Con accezioni specifiche: A) Nel linguaggio economico, si ha flessibilità dei cambi quando l'autorità monetaria non ha messo precisi limiti alla sua oscillazione e questa varia secondo la domanda e l'offerta (cambio). B) In edilizia, caratteristica dei sistemi prefabbricati su schema modulare a struttura portante indipendente, che consentano di modificare l'impianto o lo schema funzionale al variare delle necessità d'uso. Nella concezione moderna dell'opera architettonica, la flessibilità è un principio progettuale che prevede uno sviluppo successivo dell'edificio, o una diversa configurazione interna che tenga conto del variare delle esigenze collettive; con criteri legati alla flessibilità sono spesso progettati i musei, le strutture espositive, le sale per conferenze, i teatri. C) In urbanistica, capacità di adattamento a situazioni mutevoli di programmi per fasi e il controllo periodico delle previsioni in relazione a cambiamenti complessi. La flessibilità può ritrovarsi in alcuni modelli morfologici: nella città lineare la flessibilità è notevole, permettendo lo sviluppo in base alle esigenze senza che ne risulti alterata la struttura.