fullerène

sm. [dal nome dell'architetto R. B. Fuller]. Ogni membro di una famiglia di molecole costituite da atomi di carbonio uniti tra loro in modo da formare strutture regolari. I fullereni sono considerati la terza forma allotropica del carbonio, dopo grafite e diamante. Il primo membro della famiglia, il C60, detto buckminsterfullerene, è stato evidenziato sperimentalmente per la prima volta nel 1985. Successivamente sono stati osservati molti altri fullereni, costituiti da un numero di atomi di carbonio minore (C₂0, C₃6, ecc.) e maggiore (C70, C76, C84, C₁₂0, ecc.), e anche strutture più complesse, costituite da vari fullereni legati tra loro. Inoltre, i fullereni, e in particolare il C60, sono stati anche rinvenuti in natura, per esempio in meteoriti e in talune formazioni rocciose. Il C60 fu osservato per la prima volta da H. W. Kroto, R .E. Smalley e R. F. Curl analizzando mediante spettrometria di massa il vapore ottenuto riscaldando un campione di grafite con radiazione laser. L'abbondanza di tale specie nel vapore risultò tale da far ritenere che il C60 fosse dotato di una struttura peculiare, tale da conferirgli una particolare stabilità energetica. La struttura ipotizzata fu quella di una “gabbia” formata da 12 anelli pentagonali e 20 anelli esagonali uniti tra loro, i cui vertici sono occupati dagli atomi di carbonio: la struttura di un comune pallone da calcio. Dal punto di vista geometrico, una struttura di questo tipo rappresenta un icosaedro (uno dei cosiddetti cinque solidi platonici) a cui siano stati tagliati i vertici (icosaedro tronco). Alcuni anni dopo, esperimenti di risonanza magnetica nucleare confermarono l'esistenza di tale struttura altamente simmetrica. In via puramente teorica, già nel 1970 era stata predetta l'elevata stabilità di una specie chimica caratterizzata da una struttura di questo tipo. Nel 1990 fu messo a punto il primo metodo per la produzione di quantità significative (dell'ordine dei grammi) di C60 allo stato solido, basato sul riscaldamento della grafite mediante una resistenza, e sulla raccolta e purificazione per cristallizzazione frazionata del sublimato. A questo metodo preparativo se ne sono poi aggiunti altri. Grazie all'accresciuta disponibilità di campioni (e anche al conseguente calo del loro costo), a partire dal 1990 sono state compiute molte ricerche che hanno messo in luce le proprietà peculiari dei fullereni, soprattutto del capostipite della famiglia, il C60. Quanto alla reattività chimica, in generale i fullereni sono dotati di elevata stabilità: per esempio, non reagiscono se non lentamente a contatto con l'aria. Inoltre, sono anche piuttosto resistenti alle alte temperature, tendendo a vaporizzare come singole unità fullereniche “integre”, per semplice rottura dei deboli legami di van der Waals che le tengono unite allo stato solido. Questa proprietà consente di produrre per deposizione da vapore film sottili di fullereni. La rottura della struttura fullerenica si verifica, generalmente, al di sopra dei 1000 °C. Sono stati sintetizzati moltissimi derivati dei fullereni (soprattutto del C60), sia inorganici che organici. Dal punto di vista chimico, i fullereni sono specie molto elettronegative e caratterizzate da un'elevata insaturazione (tutti gli atomi di carbonio che li compongono sono insaturi). Tra i composti inorganici, particolarmente interessanti sono quelli ottenuti inserendo all'interno della cavità del fullerene (il cui diametro è pari a circa 0,7 nm) ioni dei metalli alcalini, alcalino-terrosi e lantanidi. Questi composti possono essere considerati sali dei fullereni e sono perciò indicati come fulleruri. In seguito all'aggiunta di tali ioni, le proprietà elettroniche e di conducibilità elettrica del C60, che allo stato puro è un isolante, cambiano drasticamente: il materiale risulta infatti conduttore e addirittura diventa superconduttore al di sotto di una certa temperatura, che dipende dal tipo di metallo aggiunto e dalla stechiometria. Tale temperatura varia generalmente tra 10 e 40 K, raggiungendo valori ragguardevoli per un materiale superconduttore. Molto ampia è la gamma di derivati organici dei fullereni. Si tratta di composti ottenuti addizionando al fullerene molecole organiche di vario tipo, che si legano agli atomi di carbonio fullerenici, determinando la rottura di uno o più di uno dei doppi legami che li uniscono, e risultano dunque legate alla superficie esterna della “sfera”. I fullereni , all'inizio del sec. XXI non avevano applicazioni pratiche e diffusione commerciale e, dal punto di vista tecnologico, l'interesse sembra piuttosto spostato verso alcuni dei loro derivati. Lo studio dei fullereni, oltre a rivestire in sé un considerevole interesse scientifico, ha anche aperto la strada alla scoperta e allo sviluppo dei nanomateriali denominati nanotubi di carbonio, che con i fullereni sono strettamente imparentati.

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