giansenismo

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sm. [da Giansenio, tramite il francese jansenisme]. Movimento religioso fondato sulle tesi esposte da Giansenio nel suo Augustinus e che ebbe un largo seguito in Francia e ripercussioni anche all'estero. Trattando della grazia, della libertà e della predestinazione, Giansenio affermava che a causa del peccato l'uomo è trascinato al male; la grazia salvatrice è concessa da Dio solo ai predestinati dalla sua volontà; l'uomo non ha quindi libertà di scelta e la sua libertà è solo libertà da coazione fisica. Questa dottrina s'inseriva tra le due grandi correnti dottrinarie del tempo: il bannesianesimo, che sulla falsariga del pensiero tomistico, nello spiegare il rapporto tra l'uomo e la grazia, tentava di salvare l'assoluta indipendenza dell'onniscienza di Dio e la sua necessaria e universale azione di Causa prima, addebitando all'uomo tutta l'oscurità di questo rapporto e gettando ombre sulla sua libertà; il molinismo, che invece metteva l'accento sull'assenso della volontà umana per dare efficacia alla grazia salvaguardando in tal modo la libertà dell'uomo e lasciando nell'oscurità il mistero di Dio. La posizione di Giansenio troncava ogni questione affermando l'efficacia della grazia e la sua conseguente irresistibilità sull'azione dell'uomo. La dottrina giansenista suscitò subito aspre polemiche: i gesuiti presentarono una denuncia alla Santa Sede, l'internunzio a Bruxelles cercò di proibire la stampa dell'Augustinus e nel 1641 furono condannate cinque proposizioni del libro. Ma la polemica non cessò: con il suo libro De la fréquente communion (1643) A. Arnauld riportava la questione dal campo teologico-dottrinale a quello disciplinare-morale, rimproverando alla Chiesa di aver abbandonato il rigore della primitiva disciplina sui sacramenti. La Santa Sede rispondeva, nel 1653, con una nuova condanna delle cinque proposizioni e interveniva ancora l'Arnauld chiedendo alle autorità religiose perché avessero accettato la dottrina di Sant'Agostino, mentre si condannava quella di Giansenio, che di quella era una riproduzione fedele. Nel 1656 una nuova condanna riconfermava le precedenti. La polemica si spostò quindi sull'infallibilità pontificia per dedurre che il papa poteva sbagliare nel suo giudizio. La Santa Sede allora impose a tutti di sottoscrivere un formulario di sottomissione. Rispose questa volta P. Nicole con Les lettres sur l'héresie imaginaire (1665), dove l'autore affermava che la scomunica, essendo ingiusta, non era valida. I giansenisti trovavano l'appoggio di B. Pascal, che con Les provinciales (1656-57) contrastò efficacemente le tesi ufficiali sostenute dai gesuiti. Ma anche Pascal, di fronte alla condanna al rogo delle lettere, e soprattutto per non inasprire ulteriormente la polemica, fu indotto al silenzio. La polemica si riaccese con P. Quesnel, erede spirituale dell'Arnauld; con il suo libro Le Nouveau Testament en français avec des réflexions morales (1699) sottopose a una severa critica sia il corpo dottrinale della Chiesa sia la sua autorità. Questa intervenne ancor più pesantemente condannando 101 proposizioni del libro di Quesnel (1713, ma già nel 1705 il re aveva dato una mano alla Chiesa facendo abbattere Port-Royal, “nido di giansenisti”). In Italia il giansenismo entrò unitamente al pensiero filosofico e scientifico d'Oltralpe ed ebbe un carattere spiccatamente illuministico. Il movimento ricevette un'ultima, definitiva condanna nel 1794.

Bibliografia

G. Cacciatori, Sant'Alfonso de' Liguori e il giansenismo, Firenze, 1944; J. Orcibal, Les origines du jansénisme, Lovanio-Parigi, 1947; P. Alatri, Profilo storico del cattolicismo liberale, Palermo, 1950; M. Marcocchi, Spiritualità tra giansenismo e quietismo nella Francia del Seicento, Roma, 1983.

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