grifo²

Indice

sm. [sec. XIII; dal latino gryphus, risalente al greco grýps grypós].

1) Animale mitologico con testa e ali di uccello e corpo leonino, la cui figura mostruosa deriva dalle antiche civiltà orientali (Mesopotamia, Siria, Egitto) che la trasmisero all'arte minoica e micenea (sigilli cretesi, pugnali di Micene). Il grifo fu poi largamente diffuso nell'arte greca orientalizzante a partire dai sec. VIII-VII a. C. Fino al termine del sec. V a. C. venne usato come elemento decorativo su vasi di bronzo (protomi dei lebeti di Olimpia), su rilievi fittili (pínakes di Gortina), sulla ceramica orientalizzante e attica a figure nere, nella statuaria, come è testimoniato dai grifi che ornavano l'elmo dell'Atena Parthénos di Fidia. In età ellenistica il grifo compare, in scene di lotta contro altre belve, soprattutto nella ceramica italiota ed etrusca, nelle terrecotte dorate di Taranto, nelle oreficerie e nei vasi di metallo prezioso di arte greco-scitica della Russia meridionale. Nell'arte romana il grifo mantenne un carattere decorativo nel periodo augusteo (Ara Pacis, corazza dell'Augusto di Prima Porta), assumendo in seguito valore simbolico, misterico, solare, associato spesso alla dea Nemesi; si trova pertanto raffigurato come attributo in statue o rilievi della dea, oppure su sarcofagi, stucchi (volta della basilica di Porta Maggiore a Roma) e mosaici (villa di Piazza Armerina).

2) In araldica, figura chimerica che si rappresenta generalmente come un animale per metà aquila (il capo, il collo, il petto, le ali e le zampe anteriori) e per metà leone (il ventre, le zampe posteriori e la coda); spesso ha orecchie di cavallo.

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